Costruire o ristrutturare: quale futuro?

L'evoluzione dell'edilizia in Portogallo ha seguito un percorso molto diverso rispetto ad altri paesi europei, soprattutto per quanto riguarda la sua struttura produttiva. Questa può essere suddivisa e analizzata in due segmenti principali: la nuova costruzione, che prevede la creazione di strutture ex novo; e la ristrutturazione, che prevede interventi su edifici esistenti con l'obiettivo di migliorarne le prestazioni e/o modificarne la funzionalità (ad esempio attraverso interventi di modifica, ricostruzione o conservazione).
In Portogallo, la ristrutturazione edilizia ha rappresentato meno del 12% della produzione totale del settore edile, attestandosi quindi a circa quattro volte la media dell'Unione Europea. Questa debole performance, soprattutto nel settore immobiliare, può essere spiegata da diversi fattori, tra cui la facilità di accesso ai finanziamenti per i nuovi progetti di costruzione, la mancanza di un mercato locativo sufficientemente dinamico e competitivo e il valore sociale tradizionalmente attribuito al settore immobiliare.
Tuttavia, con la maggiore maturità dell'ambiente costruito e la crescente necessità di adattare gli edifici esistenti alle nuove esigenze (comfort, sicurezza e tecnologia), questa realtà tende a invertirsi.
Il segmento della riabilitazione in Portogallo ha quindi registrato una crescita sempre più significativa, che tenderà ad intensificarsi con il degrado degli edifici – si stima che oltre il 35% degli edifici in Portogallo necessiti di interventi immediati, principalmente quelli costruiti prima del 1990 – e con le politiche pubbliche di intervento sul patrimonio edilizio, nell’ambito di programmi comunali e di concessione di agevolazioni fiscali e finanziarie per la conservazione degli edifici.
Nello specifico, mentre prima del 2000 gli incentivi per la riabilitazione urbana erano sporadici o limitati alle società di riabilitazione urbana per le aree storiche e la relativa legislazione era frammentata, dopo il 2000, in particolare con l'approvazione del quadro normativo per la riabilitazione urbana (Decreto-Legge n. 307/2009 del 23 ottobre), la riabilitazione ha acquisito un quadro normativo più solido, con regimi integrati, programmi strategici e strumenti fiscali specifici. Questo scenario è stato rafforzato con la pubblicazione, nel 2014, del regime eccezionale e temporaneo per la riabilitazione degli edifici (Decreto-Legge n. 136/2014 del 9 settembre) e, nel 2019, con il corrispondente regime definitivo (Decreto-Legge n. 95/2019 del 18 luglio), che ha introdotto adattamenti legislativi in settori quali l'accessibilità, la sicurezza antisismica e antincendio, l'acustica, la protezione termica e le telecomunicazioni.
Tuttavia, le sfide legate alla ristrutturazione degli edifici sono molteplici.
In generale, gli interventi prevedono una diagnosi preliminare, interventi sui sistemi nascosti, coordinamento con il patrimonio edilizio e adattamenti all'interno di un quadro normativo complesso. Fondamentalmente, le riqualificazioni devono essere proporzionate, seguire un approccio graduale e mantenere un equilibrio costi-benefici; preservare e valorizzare gli elementi architettonici, estetici e socioculturali della struttura esistente; e minimizzare l'impatto ambientale riutilizzando i componenti, valorizzando i materiali riciclati e riducendo emissioni e rifiuti.
Pertanto, i lavori di ristrutturazione, soprattutto nel caso di strutture in muratura, tendono ad essere più complessi e le conoscenze tecniche disponibili per la loro progettazione ed esecuzione sono generalmente scarse.
In questo senso, nel corso degli anni, per adattare gli edifici a nuovi usi e funzioni, sono state commesse diverse irregolarità, che ne hanno aumentato la vulnerabilità (ad esempio, in termini di efficienza energetica, incendi e terremoti), come l'uso di materiali inappropriati e la rimozione di muri o pilastri strutturali. Molti edifici più vecchi, inoltre, non rispettano la legislazione vigente, il che può comportare sanzioni (ad esempio, in termini di esercizio dell'architettura e dell'ingegneria, incentivi fiscali e reputazione) e, in ultima analisi, procedimenti penali.
Inoltre, i costi associati alla riabilitazione tendono a essere più elevati rispetto a quelli delle nuove costruzioni – generalmente tra il 20% e il 25% in più al metro quadro – e sono più imprevedibili, in gran parte a causa della carenza di manodopera qualificata e della complessità tecnica insita negli interventi su edifici più datati, spesso fatiscenti o sottoposti a tutela. Pertanto, dal punto di vista economico, la riabilitazione è particolarmente giustificata quando sono in gioco la conservazione dell'identità urbana, la valorizzazione del patrimonio edilizio, la promozione della sostenibilità ambientale e la possibilità di accedere a agevolazioni fiscali e finanziamenti europei. Al contrario, quando gli edifici presentano gravi carenze strutturali, un rischio sismico o di incendio significativo, o livelli di efficienza energetica molto bassi, la nuova costruzione può rivelarsi una soluzione più economica, sicura e tecnicamente praticabile.
Ciò detto, è possibile e opportuno adottare diverse misure governative e organizzative per favorire l'attuazione efficace dei lavori di riabilitazione.
A livello governativo, si distinguono diversi meccanismi di incentivazione finanziaria e fiscale per i progetti realizzati nelle zone di riqualificazione urbana debitamente certificate dagli enti locali. Tra questi, l'accesso ai fondi strutturali, un'aliquota IVA ridotta (6%), esenzioni dall'IMT e dall'IMI (Imposta sul Trasferimento Immobiliare) e detrazioni dall'IRS (Imposta sul Reddito) per gli investimenti privati. Queste misure includono anche l'ampliamento delle aree di riqualificazione gestite da unità di intervento integrate, come le società di riqualificazione urbana, la semplificazione delle procedure amministrative e il sostegno alla certificazione professionale di tecnici specializzati, in particolare attraverso finanziamenti per la formazione nell'ambito di programmi europei.
A livello organizzativo, è fondamentale avvalersi di aziende e professionisti qualificati, condurre diagnosi e audit specializzati nel rispetto delle normative tecniche e giuridiche applicabili nei principali ambiti di intervento (strutture, sicurezza sismica e antincendio, prestazioni termiche e acustiche, sostenibilità ambientale). Altrettanto importante è favorire il coordinamento tra architetti, conservatori del patrimonio, enti autorizzativi e di regolamentazione, nonché promuovere pratiche di benchmarking e la diffusione di progetti di recupero di successo per incoraggiare la replicazione delle migliori pratiche.
In questo contesto, l'entrata in vigore della Direttiva Europea 2024/1275 (EPBD – Direttiva sulla Prestazione Energetica nell'Edilizia), recepita in Portogallo attraverso la Strategia a Lungo Termine per la Ristrutturazione degli Edifici (ELPRE), unitamente alla più recente legislazione nazionale, come il Decreto Legge n. 95/2019, rappresenta un'opportunità strategica per rispondere alla crisi abitativa, ridurre i rischi sismici e climatici, salvaguardare il patrimonio edilizio, mobilitare conoscenze tecniche specializzate e promuovere la transizione della riabilitazione da una pratica eccezionale a un approccio sistematico e preferenziale, ove opportuno.
È importante sottolineare che, con oltre 1,3 milioni di edifici – circa il 35% del totale – che necessitano di ristrutturazione, il tasso di ristrutturazione dovrà essere significativamente aumentato, passando dall'attuale 0,5% al 4% del patrimonio edilizio all'anno. Solo allora il Portogallo sarà in grado di raggiungere gli obiettivi strategici definiti a livello nazionale ed europeo, in particolare nei settori della sostenibilità, dell'efficienza energetica e della digitalizzazione, al fine di raggiungere gli obiettivi fissati per il 2050.
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