Nico Paz e la lezione del Lago


Nico Paz contro il Genoa nella terza giornata della Serie A 2025-2026 (foto LaPresse)
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Era arrivato la scorsa estate al Como imberbe e riservato. In una stagione e un'estate, il calciatore argentino ha imparato a esondare in campo come sa fare il Lario in città
Non è tanto l’abilità del tocco, la grazia dei movimenti, la capacità di fare spesso, quasi sempre, la cosa giusta al momento giusto, a stupire nel Nico Paz versione 2025-2026. Di tutto questo aveva già dato dimostrazione nella scorsa stagione. È la calma assoluta che lo avvolge in campo, che si fa improvvisamente impeto quando capisce che la squadra ne ha bisogno. È come se il calciatore argentino del Como avesse “rubato” al Lago la sua essenza.
Il Lario è cheto, si disinteressa del mondo che gli sta attorno, assorto nella sua verdeggiante bellezza. Ogni tanto però reclama attenzione, prende ciò che vuole, invade ciò che un tempo era suo e che gli uomini gli hanno sottratto, giusto per dimostrare loro che è lui che comanda veramente.
Nico Paz è un giocatore che sta prendendo la forma del Lago.
Era arrivato la scorsa estate in riva al Lario imberbe e riservato. Aveva tra i piedi un talento raffinato ma tutto da dimostrare, sebbene i più narrassero già le magnifiche sorti future. Aveva iniziato a correre con voracità e grazia, che solo a volte sostituiva una flemma assoluta e inscalfibile. Con il pallone tra i piedi si esibiva in piccole danze armoniose, per il resto se ne stava in disparte quasi che la sua grazia necessitasse di un invito e di un tappeto rosso srotolato ai suoi piedi.

Cesc Fabregas, che prima di diventare allenatore era stato calciatore di altrettanta classe e grazia, ne aveva prima assecondato con furbizia la regalità, convincendolo, allenamento dopo allenamento e partita dopo partita, che gli inviti non servono, i tappeti rossi sono inutili orpelli, e che, soprattutto, un vero calciatore si distingue da un fighetto dalla capacità di sporcarsi pantaloncini e maglietta.
Questa estate, Cesc Fabregas deve aver finito, con un corso accellerato, il suo corso. Perché Nico Paz continua sì con la sua imperturbabile flemma, ma ha smesso di aspettare inviti. Si autoinvita al centro del gioco del Como e quando vuole dimostrare che è lui che comanda veramente, esonda. Come il Lario.
Quel suo fisico secco e longilineo si trasforma in erculeo, sa caricarsi sulle spalle le incertezze altrui, ha imparato a prendere per mano i compagni e farli muovere con grazia assieme a lui. Chiedendo loro solo una cosa: “Ti fidi di me?”.
Si fidano di lui. E ciecamente.
Cesc Fabregas guarda tutto questo dalla panchina con evidente lietezza. Inizia a intravedere in Nico Paz il giocatore che è stato, certo diversi metri più avanti, ma nota nell’argentino quella capacità di trovarsi al centro non solo dell’azione, ma anche della squadra, che aveva lui quando invece che su di una panchina si muoveva su di un campo di gioco.
L'ultima dimostrazione lunedì sera contro il Genoa, quando al dodicesimo minuto ha ricevuto palla da Alvaro Morata, si è girato con una piroetta e ha calciato potente e preciso di sinistro il pallone. Che non ha potuto fare altro che depositarsi in rete alle spalle di Nicola Leali.
Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. Qui potete leggere tutti gli altri ritratti.
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