Menopausa, per il 76% delle donne parlarne al lavoro è ancora un tabù

Sul posto di lavoro se ne parla poco, quasi mai. La menopausa resta un tabù, che molte donne affrontano da sole per timore di essere giudicate. E il prezzo è alto: un nuovo studio – nato dalla collaborazione tra Intergruppo Parlamentare sulla Menopausa, Fondazione Onda ETS, Manupausa e Università IULM – mostra un impatto profondo sulla carriera delle italiane, con un costo nascosto per il Paese. A raccontare cosa accade, e come cambiare rotta, sono Nicoletta Orthmann e Manuela Peretti, rispettivamente Direttrice medico-scientifica Fondazione Onda ETS, e fondatrice del progetto Manupausa e membro del Gruppo Interparlamentare sulla Menopausa.
Menopausa: il 76% delle donne soffre in silenzioDall’indagine Menopausa e Lavoro, condotta su 1.576 donne italiane emerge che il 76% delle donne soffre in silenzio sul posto di lavoro e il costo economico annuale legato alle assenze per disturbi “menopausali” è di 112 milioni di euro. Numeri sorprendenti.
“La sofferenza silenziosa – spiega la Peretti – nasce soprattutto dalla paura di essere percepite come meno performanti o meno adatte al proprio ruolo. Molte donne, anche quando i sintomi sono di intensità rilevante, scelgono di non parlarne per timore di mostrarsi fragili. Nella mia community questo emerge con forza: in un post dedicato alla menopausa sul posto di lavoro, la maggior parte ha raccontato di non potersi permettere vulnerabilità. Anche la Società Internazionale della Menopausa sottolinea che stigma e scarsa informazione spingono le donne a tacere. E intorno ai 50 anni, quando la menopausa fisiologica arriva, le opportunità lavorative alternative sono poche: un motivo in più per resistere senza chiedere supporto”.
Sul posto di lavoro non se ne parlaLo studio evidenzia che il 37,7% delle donne non ha mai parlato della menopausa con nessuno sul posto di lavoro, mentre il 42,3% la considera una questione privata. Alla base di questa reticenza, per Nicoletta Orthmann, è la paura di essere percepite come meno adeguate al proprio ruolo.
“Nel nostro Paese si fatica ancora molto a normalizzare la narrazione sulla menopausa, tra disinformazione, stigmatizzazione dei sintomi e imbarazzo. Ancor più difficile è portare il dialogo nel contesto lavorativo, dove le donne temono di essere giudicate meno produttive e affidabili, non all’altezza del proprio ruolo. L’indagine evidenzia, in particolare, maggior riservatezza da parte delle donne che rivestono ruoli apicali: tra le dirigenti, quasi una su due (45%) non ne ha mai parlato con nessuno e solo il 2% ne ha discusso con il datore di lavoro”.
Il poco riposo incide sul rendimentoUn altro dato della ricerca mette in risalto che il 54,5% delle donne dichiara che i sintomi della menopausa influenzano la loro performance lavorativa, con la fatica e il sonno non riposante tra i principali disturbi. Questi sintomi interferiscono con la qualità del lavoro quotidiano, anche per le donne con ruoli di responsabilità.
“Possiamo categorizzare i sintomi e i disturbi correlati alla menopausa emersi dalla ricerca – spiega la Orthmann – in tre gruppi: fisici, emotivi e cognitivi. Per ciascun gruppo ben si evidenziano quelli dominanti quali, rispettivamente, stanchezza e affaticamento, disturbi del sonno e dell’umore e la cd. brain fog (nebbia mentale), caratterizzata da difficoltà nell’attenzione, nella concentrazione e nella memorizzazione. Chiaramente tutto questo “carico” impatta sulle performance lavorative oltre che sulla fiducia in sé stesse e sulle relazioni.
Ponendo a confronto i due sottogruppi del campione, lavoratrici dipendenti e libere professioniste, si osserva che la percezione dell’impatto dei sintomi è maggiore nelle condizioni di lavoro caratterizzate da minore flessibilità e maggiore carico relazionale”.
Un “costo invisibile”Ma quale sarebbe l’approccio ideale per ridurre questo impatto economico e sociale? Oltre ai costi diretti legati alle assenze, quanto è importante per un’azienda creare un ambiente che permetta alle lavoratrici di gestire meglio la menopausa, evitando che il costo economico continui a crescere? Quali politiche aziendali potrebbero fare la differenza? Lo spiega la Peretti: “Ridurre il costo invisibile significa prima di tutto costruire una cultura della menopausa, perché consapevolezza e informazione sono il punto di partenza per cambiare i comportamenti. Nei contesti lavorativi questo si traduce in tre leve essenziali: sensibilizzazione, per rendere il tema dicibile e superare la vergogna; formazione, affinché manager e HR sappiano affrontarlo con competenza e sensibilità; e welfare mirato, valutando flessibilità, supporto personalizzato e spazi di ascolto. Un’azienda che prepara il terreno culturale riduce assenze, migliora le performance e valorizza il talento femminile senior”.
Telelavoro: la soluzione?Flessibilità oraria, possibilità di telelavoro, e maggiore attenzione al benessere psicofisico delle dipendenti sono aspetti cruciali. Le aziende italiane non sempre sono preparate a implementare queste politiche. “I risultati della nostra ricerca parlano chiaro: le aziende italiane – dichiara la direttrice medico scientifica – non sono pronte. L’84% delle donne intervistate dichiara che la propria azienda non ha messo in campo alcuna iniziativa concreta e, nella maggior parte dei casi, il supporto alle lavoratrici dipende dalle sensibilità individuali più che da policy organizzative strutturate.
Possono risultare di stimolo le esperienze di paesi in cui l’attenzione e il dibattito sul tema sono più avanzati; nel Regno Unito, ad esempio, l’iniziativa Menopause Friendly Accreditation sta favorendo la costruzione di una cultura aziendale volta a normalizzare, formare e promuovere inclusione nonché l’implementazione di policy aziendali dedicate, mirate a dare supporto concreto alle donne in menopausa”, suggerisce l’esperta.
La menopausa resta un tabùNonostante i progressi, la menopausa resta ancora un tema out. Cosa si può fare per superare questa barriera culturale? In Italia, come in molte altre nazioni, la menopausa è ancora vista come un argomento privato, quasi vergognoso. Cosa può fare la società, le istituzioni e le imprese per normalizzare il dialogo su questo tema e favorire un cambiamento di paradigma culturale?
“Il tabù nasce dal fatto che molte donne – continua la Fondatrice del progetto Manupausa – considerano la menopausa un fatto “privato”, come emerso anche dalla nostra ricerca. In realtà è un tema sociale, economico e pubblico. Per superare la barriera culturale serve parlare di menopausa in modo competente, con informazioni scientifiche solide e accessibili, perché troppe donne arrivano a questa fase ancora poco preparate. Società, media, Istituzioni e imprese possono contribuire cambiando la narrazione, offrendo una lettura positiva: non la fine di qualcosa, ma l’inizio di un nuovo viaggio, che richiede consapevolezza ma può aprire a nuove forze, priorità, progetti e una rinnovata cura di sé. Normalizzare il dialogo significa sostenere le donne in questo passaggio e valorizzare tutto ciò che possono portare in termini di esperienza e visione. Bisogna sostituire stigma e silenzio con conoscenza e fiducia”.
Divario di genere: Italia ultima in classificaIl 18,3% delle donne ha rinunciato a progressioni di carriera, con una perdita stimata di leadership femminile senior del 4,9%. Come possiamo lavorare per evitare che la menopausa influisca negativamente sulla carriera delle donne e sulla parità di genere nel mondo del lavoro?
“Il divario di genere in Italia è ancora troppo marcato: il nostro Paese – ammette la Nicoletta Orthmann – si colloca tra gli ultimi in Europa, posizionandosi all’85° posto nel Global Gender Gap Index 2025. Secondo i dati ISTAT il gap è ancora più marcato nella popolazione over50 in cui il 40% delle donne non lavora e non ha una pensione, rispetto al 15% degli uomini. In questo contesto l’impatto della menopausa rischia di aggravare il divario, sfavorendo ulteriormente le donne lavoratrici. Il primo obiettivo da porsi è aiutarle ad affrontare la menopausa al meglio, nella consapevolezza del ruolo della prevenzione e delle possibilità di cura (quando necessarie) in modo da portare maggior serenità e benessere (di conseguenza, produttività) nell’ambito lavorativo. Qui devono poi poter trovare accoglienza, disponibilità e supporto. In tale contesto è rilevante anche il contributo del Medico del lavoro nella valutazione dell’impatto dei sintomi sulle mansioni lavorative e su eventuali rischi professionali”.
Il medico, prima di tuttoRivolgersi a professionisti competenti è il primo consiglio per le lavoratrici che si trovano a vivere in silenzio questo momento difficile, e anche a quelle che vorrebbero sensibilizzare le loro aziende sul tema. “Per una lavoratrice il primo passo è occuparsi di sé: rivolgersi a professionisti competenti, capire – dice la Peretti – cosa sta accadendo al proprio corpo e, se necessario, intraprendere un percorso personalizzato. La transizione menopausale è anche un momento chiave di prevenzione e oggi esistono soluzioni farmacologiche e approcci più olistici che possono davvero migliorare la qualità della vita. Quando una donna sta bene, porta in azienda competenze preziose: consapevolezza, capacità di negoziazione, resilienza, gestione delle crisi, visione strategica e una maturità professionale che arriva solo con l’esperienza”.
Altrettanto importante è sensibilizzare i datori di lavoro al tema che apparentemente non li riguarda. “Per i datori di lavoro il punto di partenza è rendere il tema visibile e legittimo. La cosa più semplice e immediata – conclude Peretti – è organizzare momenti di sensibilizzazione: incontri, webinar o brevi sessioni informative con professionisti qualificati. Questo crea consapevolezza e apre uno spazio di dialogo sicuro. Da qui ogni azienda può valutare interventi più strutturati in base naturalmente al proprio contesto organizzativo. Anche un piccolo passo può aprire una conversazione nuova e inclusiva”.
La sfida per il prossimo futuroCosa possiamo aspettarci nei prossimi anni in termini di politiche di supporto e di cambiamento culturale in Italia? Siamo davvero sulla strada giusta per un cambiamento duraturo? “Per un cambiamento reale e duraturo dobbiamo lavorare, tutti insieme. La sfida è anzitutto culturale: solo dalla consapevolezza potranno scaturire azioni concrete per creare spazi di dialogo e interventi di supporto a beneficio non solo delle donne ma anche della stessa organizzazione lavorativa. La costituzione di un gruppo Interparlamentare dedicato è il segnale tangibile di una sensibilità e un’attenzione istituzionale che potranno essere una spinta propulsiva per il cambiamento. Lavoreremo nei prossimi mesi – promette la direttrice medico-scientifica Nicoletta Orthmann – per promuovere la maggior diffusione possibile dei risultati emersi dalla nostra ricerca con l’obiettivo di disseminare una nuova consapevolezza sulle dimensioni del fenomeno, sulla necessità di riconoscere la menopausa tra le tematiche rilevanti di salute e benessere sul lavoro e sulle possibili azioni da adottare in concreto”.
La Repubblica


