Anthropic vince in tribunale: l’AI può usare libri protetti da copyright

Anthropic ha appena vinto una battaglia legale che farà discutere. Un giudice californiano ha deciso che l’azienda può usare milioni di libri per addestrare Claude, la sua intelligenza artificiale, senza chiedere il permesso agli autori. Il punto è che questo cambia tutto per il mondo dell’AI. Ma la storia non finisce qui.
Per spiegare il suo punto di vista, il giudice Alsup ha usato una metafora. Claude impara dai libri come fa uno scrittore in erba che legge per migliorare il proprio stile. Non copia i testi pari pari, ma assorbe tecniche e strutture per creare qualcosa di nuovo. Questo, secondo la legge americana, si chiama “fair use” ed è perfettamente legale.
Vittoria per Anthropic: l’AI può copiare dai libri, ma solo se li compra primaÈ la prima volta che un tribunale dà ragione alle big tech dell’AI su questo punto. Una mazzata per autori ed editori che speravano di fermare l’uso dei loro contenuti senza compensi.
Anthropic però si è cacciata lo stesso in un bel pasticcio. Per mettere insieme la sua “biblioteca universale” ha scaricato oltre 7 milioni di libri da siti pirata. E qui il giudice non ha avuto pietà. Scaricare materiale protetto da copyright resta un reato, anche se poi si usa per creare l’AI più intelligente del mondo.
La differenza è sottile ma fondamentale Comprare un libro e digitalizzarlo per l’addestramento va bene, scaricarlo gratis da The Pirate Bay no.
La svolta strategica di AnthropicQuando Anthropic ha capito l’antifona, ha cambiato metodo. Ha assunto Tom Turvey, quello che aveva gestito Google Books, e ha iniziato a comprare libri a palate. Li smontavano completamente, scansionavano ogni pagina e buttavano via i resti. Più costoso, ma legale.
Il problema è che i danni erano già fatti. A dicembre ci sarà un processo solo per stabilire quanto deve pagare per tutti quei libri piratati. E con 150mila dollari di multa per ogni libro, la cifra potrebbe essere astronomica.
Cosa succede ora?Questa sentenza farà da apripista per tutte le altre cause contro OpenAI, Google e Meta. Le aziende ora hanno un precedente forte. Se usi contenuti protetti per creare qualcosa di nuovo, puoi cavartela. Gli scrittori che avevano fatto causa parlavano di “saccheggio dell’ingegno umano“. Il giudice evidentemente non la vede così. L’AI può imparare dalle nostre opere, a patto che rispetti le regole.
Insomma, pagare per i contenuti costa di più che scaricarli gratis, ma alla lunga conviene eccome.
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