Perché la storia occidentale è fondata sul delitto: la nuova collana di Repubblica

Il delitto, è inutile negarlo, esercita da sempre una sinistra fascinazione sull’essere umano. Si tratta di un’azione che travalica i limiti di ciò che si considera ammissibile, viola lo spazio circoscritto e sicuro della convivenza e si pone, trascinando con sé chi ne è autore, in un «al di fuori», nello spazio misterioso di ciò che è oltre quanto si considera possibile e lecito compiere. È una nozione complessa, che attraversa i domini dell’etica – a volte quelli della morale –, del diritto, della socialità, della religione, ma sempre conduce, a prescindere dalle ragioni che hanno portato alla sua evocazione, nelle terre proibite della trasgressione.
Un campo, come quello dei limiti dell’agire che ne costituiscono il presupposto, culturalmente e storicamente determinato. L’evento fondativo stesso della cultura occidentale, se si voglia individuarne le radici nel mitico atto istitutivo della città archetipica, Roma, è un gesto di disobbedienza, il primo crimine della storia, quello di Remo che trasgredisce il divieto posto dal gemello Romolo di oltrepassare la linea primigenia, quel solco istitutivo di un «dentro» civico del nucleo originario, legato all’ordine cosmico di un pantheon presieduto da Giove, dal «fuori» caotico, ove regnano divinità primitive, sregolate, eccessive. Alla trasgressione, di rimando, corrisponde immediata mente la punizione di chi l’ha commessa. Un peggior crimine, si direbbe, addirittura un fratricidio. Ma Remo deve morire e con lui ogni possibilità di venir meno a quelle regole che la comunità, o meglio la maggioranza di essa, si è data. Già, venir meno: perché in effetti, etimologica mente, la parola «delitto» ha a che fare con l’omissione. Il de-linquere, infatti, è innanzitutto un lasciare, tralasciare quanto non può essere invece trascurato, cioè l’osservanza delle regole condivise dai più. Quel solco delimitativo, dunque, costituisce un elemento essenziale del fenomeno delittuoso. Ed è per tale ragione che quest’ultimo ha un potere seduttivo arcano.
Le «vittime» che si incontreranno in questi volumi in uscita con Repubblica (26 uscite a 7,99 euro in più) – da John Kennedy a Filippo II di Macedonia – sono in prevalenza personaggi pubblici. E in questi casi i delitti presi in esame rappresentano snodi essenziali della storia, il cui corso spesso è stato bruscamente deviato dal compimento degli stessi. Ma anche quando – è il caso per esempio dei crimini di Jack lo Squartatore o dell’assassinio di John Lennon – il delitto costituisce il mero prodotto dei tortuosi percorsi della mente del suo autore, esso offre comunque un’interessante fotografia di un momento storico, di circostanze che da una vicenda individuale affiorano sulla superficie sensibile della pelle di una società, macchie isolate ma significative, assurgendo a sintomi di problemi, disagi, sentimenti che serpeggiano appena al di sotto, nelle zone d’ombra in cui covano il risentimento, la rabbia, l’insoddisfazione, la frustrazione. Ognuno di questi delitti, in qualche modo, ha generato significativi cambiamenti nella storia sociale e nel costume, non fosse altro che per l’impatto emotivo, quando non politico, prodotto nelle coscienze del tempo in cui è stato commesso e an che in seguito. Le emozioni, infatti, anche quelle collettive, giocano un ruolo importante in relazione alla commissione di un delitto di sangue. E non potrebbe essere diversamente su un tema che si riduce in fondo a quello della contemplazione del male, della violazione dell’idea che si ha di bene, e che se conduce da un lato alla fondamentale esperienza della compassione, dall’altro produce, an che oggi, fenomeni come il dark tourism, il turismo dell’orrido, e il collezionismo dei murderabilia, gli oggetti appartenuti a celebri criminali o comunque legati a delitti famosi. Di fronte alla vertiginosa voragine rappresentata dall’uccisione di un uomo da parte di un altro uomo risuona in ognuno la tragica domanda che Oreste, nella tragedia di Eschilo Le Coefore, pone a se stesso: «ti draso?», «che cosa devo fare?».
Sospesi tra colpa e innocenza, tra esercizio di volontà e tirannia di forze oscure, tra libero arbitrio e predeterminazione, i colpevoli dei crimini qui narrati vorticano nella storia insieme alle loro vittime, trascinati dal turbine di eventi che spesso sfuggono al loro controllo, interpellando sempre la coscienza di tutti noi in merito al dramma dell’uomo e del suo destino, della sua libertà e della sua responsabilità.
L’autrice è curatrice della collana
La serie – Dal 24 dicembre in edicola una nuova iniziativa di Repubblica: la collana Grandi delitti della storia. In tutto 26 volumi, ciascuno a 7,99 euro. La serie, curata da Barbara Biscotti, approfondisce i momenti in cui i destini del mondo sono cambiati a partire da delitti eccellenti, che spesso celano misteri ancora irrisolti e oggetto di indagine.
Le prime uscite
24 dicembre: John Fitzgerald Kennedy. Il sogno americano nel mirino
31 dicembre: Francesco Ferdinando d’Asburgo. La scintilla che incendiò il mondo
8 gennaio: Cicerone. La voce della Repubblica messa a tacere
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