Idrogeno prodotto dal nucleare: l’Ue prende tempo

Aspettare fino al 2028 per decidere se l’idrogeno prodotto con energia nucleare può essere considerato “a basso contenuto di carbonio” potrebbe affossare un intero mercato prima ancora che decolli. È l’allarme lanciato dall’industria nucleare europea, che accusa Bruxelles di penalizzare un’opzione tecnologica chiave nella corsa alla decarbonizzazione.
Secondo una bozza vista da Reuters, la Commissione europea sta preparando gli standard che certificheranno quali forme di idrogeno potranno essere considerati “low carbon”. Ma per l’idrogeno nucleare, cioè quello prodotto con elettricità generata da reattori, il verdetto sarà posticipato: consultazioni nel 2026, decisione nel 2028.
“È un ritardo ingiustificato che rischia di frenare lo sviluppo di un settore strategico”, ha dichiarato a Reuters Emmanuel Brutin, dg di Nuclear Europe, sottolineando che “i tre anni di vantaggio concessi all’idrogeno rinnovabile – già riconosciuto come verde dal 2023 – creano una distorsione competitiva che potrebbe compromettere investimenti, progetti e filiere”.
La posta in gioco è alta. L’idrogeno viene considerato un vettore energetico cruciale per decarbonizzare settori industriali difficili da elettrificare – come acciaio, chimica e trasporti pesanti – ma oggi il 95% di quello prodotto in Europa deriva ancora da fonti fossili. L’Ue punta a cambiarlo, incentivando la produzione di idrogeno da fonti a zero emissioni. Tuttavia, resta il nodo di come trattare il nucleare: è o non è energia “pulita”? Sul tema, il dibattito è acceso. Francia, Polonia e Svezia premono perché il nucleare sia pienamente incluso nelle politiche verdi europee. Germania, Danimarca e altri paesi si oppongono, temendo che sottragga risorse e attenzione all’eolico e al solare, considerati le vere colonne portanti della transizione ecologica.
La questione divide gli Stati membri da anni, e ha rallentato numerosi negoziati su pacchetti energetici. Il compromesso più recente è stato l’inserimento temporaneo del nucleare nella tassonomia Ue degli investimenti sostenibili, ma senza un consenso chiaro sul lungo termine.
Il punto tecnico, però, è chiaro: il nucleare non emette C02. Non è una fonte rinnovabile, ma può produrre elettricità stabile e continua, utile proprio per alimentare gli elettrolizzatori necessari a generare idrogeno pulito. I suoi sostenitori insistono su questo vantaggio, mentre gli oppositori continuano a sollevare dubbi su sicurezza e gestione dei rifiuti radioattivi.
Nel frattempo, l’industria aspetta segnali. Senza una cornice regolatoria chiara, i progetti sull’idrogeno nucleare rischiano di restare sulla carta. E in una fase in cui l’Europa vuole ridurre la sua dipendenza energetica e rilanciare l’industria a basse emissioni, rinviare le scelte strategiche rischia di essere assai controproducente.
Giovedì 15 maggio, gli esperti dei governi nazionali inizieranno a discutere la proposta della Commissione. Bruxelles, per ora, prende tempo. “Vogliamo una soluzione equilibrata, che funzioni per tutti gli Stati membri”, ha dichiarato un portavoce.
La Repubblica