Agenti Ai, privacy ed etica fanno calare la fiducia


Si fa presto a parlare di agenti Ai, ma introdurli nelle organizzazioni sembra più complicato del previsto. Il forte entusiasmo iniziale ha lasciato spazio alla cautela, soprattutto per due temi, la privacy e l’etica che hanno fatto calare la fiducia drasticamente, passata dal 43% delle organizzazioni al 27%, nonostante gli agenti Ai sembrerebbero “colleghi” capaci di sviluppare un potenziale altissimo nelle organizzazioni. Un report del Capgemini Research Institute, “Rise of agentic AI: How trust is the key to human-AI collaboration”, stima infatti che l’Ai agentica sarà in grado di generare un valore economico fino a 450 miliardi di dollari entro il 2028 a livello globale. Nonostante questo, però, da un lato calano le società che dicono di avere fiducia, dall’altro due dirigenti su cinque, a livello globale, ritengono che i rischi superino i benefici in questa fase, secondo il report che è stato realizzato su 1.500 dirigenti di organizzazioni con fatturato annuo superiore a 1 miliardo di dollari, in 14 paesi, tra cui l’Italia, e appartenenti a 13 settori diversi.
In realtà l’evoluzione molto rapida dei nuovi strumenti legati all’Intelligenza artificiale mostra la necessità delle organizzazioni ad adattarvisi in maniera sostenibile per tutti. E se c’è una percentuale importante tra quelle che utilizzano l’Ai agentica in funzione di supporto, diverso è il discorso quando si parla di uso autonomo. Solo il 40% delle aziende dichiara di fidarsi degli agenti AI per la gestione autonoma di attività e processi, mentre la maggior parte non si fida completamente della tecnologia.
Le organizzazioni italiane, in linea con il trend globale, hanno meno fiducia negli agenti di intelligenza artificiale rispetto al 2024. Circa il 60% delle organizzazioni italiane è preoccupata da problemi di privacy, rischi per la sicurezza e rischio di pregiudizi indesiderati legati all’uso della Agentic Ai. Nei prossimi 12 mesi le organizzazioni italiane si aspettano che la collaborazione con l’Ai si traduca in un aumento delle competenze dei membri del team, mentre con una prospettiva a tre anni le stesse organizzazioni immaginano gli agenti Ai come membri autonomi all’interno di team supervisionati dall’uomo.
Lo spaccato italiano dei dati evidenzia un diverso approccio nel breve e medio termine e un’evoluzione delle funzioni coinvolte. Così nei prossimi 12 mesi tra le funzioni aziendali in cui le organizzazioni si aspettano che gli agenti di Ai gestiscano almeno un processo o un sottoprocesso al giorno, spiccano le funzioni di Sales, IT, Marketing&Communication e Finance. Quando si allarga l’arco temporale a tre anni, l’elenco si allunga e anche le operations rientrano tra le funzioni che secondo le organizzazioni italiane saranno più impattate dall’Agentic Ai.
Per Monia Ferrari, amministratore delegato di Capgemini in Italia «il potenziale economico degli agenti AI è enorme, ma tradurlo in realtà richiede più della sola tecnologia: serve una trasformazione strategica e strutturata che coinvolga persone, processi e sistemi. Per avere successo, le organizzazioni devono concentrarsi sui risultati, ripensando i propri processi con una visione ‘AI-first’. Al centro di questa trasformazione c’è la necessità di costruire fiducia, sviluppando l’Ai in modo etico e sicuro fin dalle fasi iniziali. Occorre anche riprogettare le strutture organizzative per favorire una sinergia efficace tra esseri umani e AI, creando le condizioni per valorizzare il giudizio umano e ottenere migliori risultati di business».
Il quadro italiano che emerge, pur avendo diverse peculiarità, non si discosta così tanto da quello globale. Mentre un quarto (26%) delle organizzazioni italiane ha già implementato soluzioni di Agentic Ai su scala parziale, un altro 27% ha solo iniziato ad esplorare il potenziale di questa tecnologia. Ben il 36% delle organizzazioni italiane intervistate non hanno una strategia, ma iniziative tra le varie funzioni per sviluppare da scalare, mentre il 28% del campione italiano ha in atto una strategia e una roadmap per le iniziative di Agentic Ai. Un elemento su cui l’Italia si discosta dal resto del campione internazionale, è evidenziato dal fatto che l’84% del campione italiano, in netta superiorità rispetto al campione globale (62%), preferisce collaborare con i provider di soluzioni per implementare e adattare gli agenti AI disponibili piuttosto di creare soluzioni proprietarie.
A livello globale, come anche italiano, l’entusiasmo di molti manager deve fare i conti con la cautela delle organizzazioni. Quasi un quarto ha già lanciato dei progetti pilota e il 14% è passato all’implementazione, ma la maggior parte si trova ancora in fase di pianificazione. Da Capgemini osservano che questo ritmo relativamente lento contrasta con l’ambizione dei dirigenti: il 93% ritiene infatti che la diffusione degli agenti Ai nei prossimi 12 mesi rappresenterà una fonte di vantaggio competitivo. Eppure, quasi la metà delle aziende non ha ancora una strategia chiara per l’implementazione.
Nel breve termine, Capgemini ritiene che gli agenti Ai saranno adottati maggiormente nei settori del customer service, dell’It e delle vendite, per poi allargarsi alle attività operative, alla ricerca e sviluppo e al marketing nei prossimi tre anni. Tuttavia, la maggior parte degli impieghi si limita ancora a livelli di autonomia iniziali: solo il 15% dei processi aziendali opera in modalità semi-autonoma o completamente autonoma. Secondo le previsioni, questa percentuale salirà al 25% entro il 2028, ma attualmente la maggior parte degli agenti funziona ancora come assistente o copilota, a supporto di attività di routine piuttosto che per la gestione autonoma di flussi di lavoro complessi.
Se la sinergia essere umano-Ai è la chiave per un’adozione duratura, la crisi di fiducia delle organizzazioni appare come un fattore problematico. Il vero valore dell’Ai agentica risiede anche nella capacità di ripensare il modo in cui si lavora. Entro i prossimi 12 mesi, oltre il 60% delle aziende prevede di costituire team ibridi essere umano-Ai, in cui gli agenti fungeranno da supporto o potenzieranno le capacità umane. In questo nuovo scenario, gli agenti Ai non sono più visti solo come strumenti, ma come membri attivi del team. Il 70% delle aziende ritiene che l’adozione degli agenti Ai comporterà una ristrutturazione organizzativa, portando a un ripensamento dei ruoli, delle strutture di team e dei flussi di lavoro. Le aziende stanno scoprendo che il massimo valore si ottiene quando l’essere umano resta coinvolto. Una collaborazione efficace tra umani e Ai potrebbe aumentare del 65% l’impegno in attività a più alto valore, stimolare la creatività (+53%) e migliorare la soddisfazione dei dipendenti (+49%).
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