Guerre culturali

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Guerre culturali

Guerre culturali

In questo mezzo secolo, segnato dal colpo di stato militare dell'aprile 1974, dal radicale cambiamento che ne è seguito, dalla conseguente egemonia del pensiero di sinistra, anche tra i partiti a destra del Partito Socialista, e da una cultura in cui l'informazione prevale di gran lunga sull'educazione, tentare di apportare una qualsiasi razionalità e contestualizzazione, per quanto basilare, all'acceso dibattito politico tra Sinistra e Destra è un obiettivo irrealistico. Ma forse ne vale la pena.

La deriva di sinistra in Portogallo ebbe come principali conseguenze, nella Metropoli, nazionalizzazioni e collettivizzazioni; e, nell'"Oltremare", una decolonizzazione incontrollata (o abilmente controllata da alcuni) che abbandonò gli allora territori d'oltremare a lunghe e sanguinose guerre civili in Angola e Mozambico. Timor in Insulíndia subì un destino simile. Tra gli altri, la Guinea, che era alla radice del problema, passò al partito unico PAIGC; Capo Verde seguì l'esempio, e anche São Tomé e Príncipe. La saggezza confuciana, o il senso dello Stato e della storia, spinse i nazional-comunisti cinesi, a partire da Hong Kong, a salvare i loro territori dall'Occidente, il che ci permise, anni dopo, di intraprendere una transizione e una decolonizzazione dignitose a Macao. L'unica.

La forza del PC

Nel 1974, il Partito Comunista Portoghese non era visto come una branca di un partito che aveva oppresso dittatorialmente la Russia e gran parte dell'Europa orientale per mezzo secolo; un partito con una polizia segreta, campi di concentramento e di sterminio per i dissidenti e milioni di vittime; un partito che, in nome della giustizia sociale e dello sviluppo, aveva instaurato un regime che opprimeva e impoveriva la gente, un regime che non funzionava e che aveva già dimostrato di non funzionare mai. No. In Portogallo, nel Portogallo del defunto Estado Novo, i comunisti erano soprattutto "combattenti della resistenza"; "combattenti della resistenza antifascista" e, all'interno di questa categoria, i più organizzati e i più anziani.

Fu con questo prestigio che il Dottor Cunhal tornò dall'esilio e attuò una politica che determinò in larga misura il futuro del Paese. Non solo nella decolonizzazione, con il trasferimento del potere a movimenti indipendentisti allineati alla sua appartenenza ideologica e internazionalista, ma anche con una strategia da terra bruciata che mirava alla nazionalizzazione delle industrie e alla collettivizzazione delle proprietà agricole portoghesi.

Il PCP ottenne un forte sostegno all'interno del MFA. Alcuni sostengono che quando un soldato è antipatriottico, la sua struttura organizzativa tende a condurlo verso il socialismo. Fu così anche qui: i comunisti usarono il MFA per neutralizzare la resistenza politica di destra, in modo che, in seguito, cogliendo le opportunità e provocando colpi di stato come l'11 marzo, potessero procedere verso "nazionalizzazioni" che avrebbero inferto il colpo di grazia all'economia nazionale. Un colpo da cui il Paese non si riprese mai più.

In principio era l'economia

Fu proprio questa radicalizzazione della sinistra e le nazionalizzazioni – e il lento e incompiuto processo di inversione di tendenza – a caratterizzare, fino a poco tempo fa, l'opposizione destra-sinistra in Portogallo. Un'opposizione incentrata principalmente sull'economia, influenzata anche dalla destra internazionale che, negli anni '80, nel "Mondo Libero", con i movimenti conservatori-liberali del thatcherismo e del reaganismo e i loro successi nel mondo anglosassone, aprì la strada alla fine dell'Unione Sovietica.

In Portogallo, quindi, la questione Destra-Sinistra è stata quasi esclusivamente economica; inoltre, l'esistenza di una società libera è incompatibile con la dipendenza totale dallo Stato e dalla pubblica amministrazione, dalla vita economica e dalla vita delle persone.

E adesso?

Ma con la fine della Guerra Fredda e l'affermazione di una grande economia di mercato urbi et orbi, insieme a un presunto ampio consenso sulle sue virtù, la chiave di ogni vera distinzione politica divenne la questione nazionale, o meglio, il confronto tra nazionalismo e globalismo. Non meno importanti divennero anche il concetto di famiglia e il concetto di realtà e buon senso.

E poiché le loro idee si sono fatte strada attraverso le istituzioni e sono entrate nella nostra realtà, viviamo ancora o coesistiamo con la versione della Storia che la Sinistra ha plasmato e istituito e che ora inizia a difendere con l'arrogante disperazione dei poteri forti e di coloro che sono minacciati.

Sono finiti i giorni in cui la sinistra dominava l'editoria e le riviste di pensiero e cultura, e la destra, allora al potere – un Estado Novo decadente che si affidava alla televisione per trasmettere ciò che voleva e alla censura per cancellare ciò che non voleva – liquidava queste altre strade, meno sistemiche, come fake news provenienti da social network elitari per gruppi irrilevanti.

Quei giorni di oltre cinquant'anni fa sono finiti. I tempi sono cambiati, e così anche i termini delle guerre culturali. Soprattutto perché, a quanto pare, i ruoli si sono invertiti.

observador

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