I castelli della Valle d'Aosta, centri di arte e cultura

(di Ida Bini) Tra il X e il XV secolo la Valle d'Aosta era un mosaico di piccole signorie feudali — Challant, Quart, Sarriod, Vallaise, Avise, Nus, Fénis - ognuna con la propria consorteria di potere, il proprio stemma e, ovviamente, il proprio castello, simbolo politico e di difesa. Nel Medioevo, inoltre, la regione era un passaggio obbligato tra le Alpi di Francia, Svizzera e Italia: controllava i valichi del Piccolo e del Gran San Bernardo e riscuoteva le tasse per il passaggio delle merci, degli eserciti e dei pellegrini. All'epoca tutte le famiglie in vista si costruivano un maniero: c'era una gara a innalzare il più grande, il più bello, il più inespugnabile, il più opulento; decine e decine di meraviglie architettoniche che dominavano - come ancora oggi - le vallate, i borghi, la Dora Baltea e gli altri corsi d'acqua della Valle. Quando l'epoca feudale finì, anche i castelli conobbero un lento tramonto; con il consolidamento del potere dei Savoia, ben presto i manieri persero le proprie funzioni e caddero in disuso mentre i più strategici divennero sedi amministrative, residenze o forti di frontiera. Solo in tempi più recenti il letargo è stato interrotto e una seconda vita ha fornito a molti dei castelli valdostani un nuovo valore. È così che le temibili fortezze dei nobili della Valle si sono trasformate in centri propulsori di arte e cultura, in luoghi di scienza e di svago diventando musei, alberghi di lusso o location per cerimonie. Il viaggio alla scoperta dei castelli più emblematici della regione, conosciuta anche come la terra dei 'Cento Castelli', parte dal Forte di Bard, costruito su uno sperone roccioso che domina l'ingresso della Valle e che ha visto passare eserciti, pellegrini e statisti. Nel 1800 resistette eroicamente all'assedio di Napoleone Bonaparte, rallentando l'avanzata francese per ben due settimane, un piccolo grande gesto di resistenza che costò la distruzione del forte, poi ricostruito dai Savoia qualche decennio dopo. Un giovane Camillo Benso di Cavour, allora ufficiale del Genio militare, fu di stanza al Forte durante i lavori di ricostruzione. Oggi quel bastione militare è diventato uno dei più straordinari poli culturali delle Alpi, sede di mostre internazionali, del Museo delle Alpi e di un percorso permanente di divulgazione storica e scientifica. Fino al 6 aprile il Forte celebra Fernando Botero con la mostra 'Tecnica monumentale', che riunisce oltre cento opere tra disegni, pitture e sculture che raccontano la ricerca dell'artista colombiano sul rapporto tra forma e materia. A una trentina di chilometri verso nord-ovest sorge il castello di Saint-Pierre: costruito nell'XI secolo e più volte rimaneggiato, domina la valle centrale con una forma fiabesca che l'ha reso una delle immagini più amate della regione. Dopo anni di degrado, abbandono e restauri successivi, è stato completamente recuperato e, dal 2021, ospita il Museo regionale di Scienze Naturali Efisio Noussan, già storico museo di Aosta. Le antiche sale, un tempo abitate da famiglie nobili, oggi raccontano la vita delle Alpi: la geologia, la fauna, i ghiacciai e la fragilità dell'ambiente montano. Dal 2024, tra l'altro, il museo ospita il più antico reperto mummificato d'Italia, una piccola marmotta rinvenuta nel 2022 sulla parete est del ghiacciaio del Lyskamm e risalente al Neolitico (4.691-4.501 a.C.). Viaggiando verso sud per una cinquantina di chilometri si arriva al castello di Verrès, arroccato su uno sperone di roccia che domina la Dora Baltea. Il maniero è una fortezza austera e compatta, costruita alla fine del Trecento per volere di Ibleto di Challant, ma a renderlo immortale fu Caterina di Challant, la nobildonna che nel Quattrocento danzò nella piazza del borgo con i popolani, sfidando le convenzioni e guadagnandosi l'amore del suo popolo. Ogni anno, durante il Carnevale storico di Verrès, quel ballo torna a vivere con dame e cavalieri in costume tra fiaccole e tamburi per celebrare la libertà e il coraggio di Caterina. Oggi quelle sale ospitano concerti e performance contemporanee. Viaggiando per pochi chilometri verso est si scorge tra i vigneti di Gressan il castello di Tour de Villa che oggi ospita un bed&breakfast e una sede per eventi e cerimonie. Resta intatto lo stemma di famiglia che raffigura un leone dorato con unghie e lingua rossa, rampante su uno scudo nero, accompagnato dal motto 'Praecibus et Operibus', con la preghiera e le opere.
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