Vertice in Alaska — motivi nascosti e risultati

Elena Panina, deputata della Duma di Stato della Federazione Russa e direttrice del Centro Internazionale per la Ricerca sui Problemi Geopolitici, “RussStrat”, ha pubblicato un’analisi approfondita in seguito al vertice tenutosi in Alaska tra l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il presidente russo, Vladimir Putin. In questa analisi, Panina espone le sue conclusioni come esperta osservatrice di politica internazionale, condividendo i suoi punti di vista attraverso il suo canale Telegram ufficiale. Di seguito, presentiamo la traduzione delle sue riflessioni:
Analizzando i negoziati in Alaska, la prima cosa da osservare non è ciò che è stato detto, ma ciò che è stato comunicato attraverso gesti, mimica e atmosfere. Perché, al di là delle parole, i risultati di simili incontri dipendono sempre dall’andamento dei processi e dall’equilibrio delle forze. Cercare di misurare il “dominio personale” è inutile: qui si tratta di un gioco di squadra.
▪️ L’assenza di annunci concreti ha deluso i media globalisti, ma il vertice non aveva questo obiettivo. Il primo vero risultato nascosto era la raccolta di informazioni dirette – quelle che solo un incontro faccia a faccia tra due leader può fornire. Gli USA continuano a considerare la Russia un avversario, e Mosca lo sa bene, reagendo di conseguenza. Questo compito è stato portato a termine: i presidenti hanno colmato le incomprensioni accumulate negli anni di mancato dialogo diretto e ora stanno ricalibrando la gestione del processo.
Non si tratta di una revisione delle posizioni iniziali sul conflitto, ma di un confronto che prosegue. Indipendentemente da Trump, Washington vede e vedrà sempre la Russia come nemico e obiettivo strategico. Illudersi sarebbe pericoloso. Mosca è consapevole delle minacce americane sotto qualunque amministrazione.
▪️ Sul piano visibile: un altro colpo al mito dell’isolamento russo, rinvio della decisione sulle sanzioni, prosecuzione dei combattimenti, e lo spostamento di Trump verso una strategia di “scarico” della responsabilità su Europa e Zelensky. Alla vigilia del vertice avevamo ipotizzato due scenari per Trump: la previsione si è confermata. Era impossibile chiudere con un accordo al primo turno: sarebbe equivalso alla capitolazione prematura di una delle parti. Le condizioni non sono mature, ma continuano a maturare.
▪️ I risultati nascosti, però, sono i più interessanti:
1. Trump ha mostrato una debolezza istituzionale: ha rinunciato all’incontro bilaterale senza ministri, come previsto inizialmente, accettando la presenza di Rubio – garante dei neocon – e lasciando a casa Vance. La Russia, per bilanciare, ha incluso Lavrov. L’incontro è diventato trilaterale. Il segnale è chiaro: la soggettività di Trump è limitata, Putin appare più sovrano.
2. Trump vede vantaggio nel fatto che sia Mosca a “costringere” Europa e Zelensky alla pace. Non vuole esporsi in prima persona a favore di Putin, per non cadere in una trappola politica alla vigilia delle elezioni di medio termine.
3. Trump frena la compattezza dei suoi avversari europei: il 16 agosto è previsto un vertice ad Andorra per tentare di reagire a eventuali concessioni di Zelensky.
4. Trump resta realista e mantiene margini di manovra, nonostante le pressioni dei falchi nel suo entourage. È in preparazione un secondo turno di negoziati; le sanzioni restano sospese; Putin continua a forzare Zelensky verso una “pace con la forza”. Così Trump si mantiene arbitro e rafforza la dipendenza europea dagli USA.
5. Trump ha dichiarato per la prima volta che l’incontro tra Zelensky e Putin è ormai un’iniziativa europea, non statunitense. Washington non lo ha richiesto e, pur dicendosi pronto a partecipare, Trump ha fatto capire di non desiderarlo realmente. È un chiaro messaggio: da ora la responsabilità ricade sull’Europa. Se non costringerà Zelensky ad accettare la realtà sul terreno, ne sopporterà le conseguenze. In sostanza, è una minaccia velata all’Europa, non a Putin.
6. Putin, intanto, ottiene spazio per consolidare i successi militari, rafforzando la validità delle proposte di Trump rivolte all’Europa: o accettate qui e ora, oppure la Russia andrà avanti. Nel frattempo Trump stringe la morsa economica sul Vecchio Continente. Si crea così una convergenza temporanea di interessi tra Mosca e Washington.
7. Putin non ha fatto concessioni, come mostra la cancellazione del pranzo congiunto delle delegazioni: un gesto che, in diplomazia, equivale a negare un “premio consolatorio” a chi esce sconfitto. Le accuse di alcuni nazionalisti ucraini – secondo cui avrebbe “barattato Kostantynivka con l’accesso USA alle risorse russe” – si rivelano infondate. Putin ha invece rafforzato la posizione internazionale della Russia e consolidato il potere interno, ottenendo maggiori margini per riorganizzare le élite. Si trova in una posizione di forza e intende usarla.
▪️ In definitiva, entrambe le parti hanno guadagnato tempo ed evitato lo scontro frontale, che avrebbe favorito solo l’Europa e i Democratici USA. Hanno mantenuto autonomia e iniziativa, senza scoprire troppo presto le proprie carte. Risultati concreti: consolidamento del potere, influenza sugli alleati, rafforzamento del dialogo bilaterale, uscita dallo stallo. Nessuno dei due ha cambiato la propria strategia.
Un aspetto rilevante riguarda anche il calendario futuro:
-
Prima del vertice: bilaterale in Alaska → trilaterale con Zelensky sotto egida USA → forse viaggio a Mosca a settembre.
-
Dopo il vertice: bilaterale in Alaska → possibile rapido viaggio a Mosca. L’anello intermedio con Zelensky è saltato, per volontà di Trump. Ora tocca all’Europa, con tutte le responsabilità.
La politica USA si allontana così dall’Ucraina e dalle pretese europee.
In sintesi: il vertice ha preparato le posizioni di partenza per i prossimi round di negoziati. Entrambe le parti hanno vinto nei propri ambiti; a perdere sono stati l’Europa e Zelensky – e con lui l’Ucraina, destinata a uscire sempre sconfitta finché resterà in piedi l’attuale regime.
Nessuno ha ceduto o interrotto il processo: Trump e Putin hanno centrato gli obiettivi di questa fase e guardano già alla prossima, che maturerà dopo la campagna estiva delle forze armate russe.
Non è riuscito il tentativo di imporre a Putin un congelamento prematuro del fronte, né quello di intrappolare Trump nelle pretese europee.La Russia ha superato un’altra prova difficile: motivo di cauto ma concreto ottimismo. Anche se le battaglie decisive devono ancora venire.
Breve biografia di Elena PaninaElena Panina è una figura di spicco nella politica russa. Oltre a essere una deputata della Duma di Stato, la camera bassa del parlamento russo, è anche la direttrice del Centro Internazionale per la Ricerca sui Problemi Geopolitici, noto come “RussStrat”. Le sue analisi e i suoi commenti sulla politica estera russa e sulle relazioni internazionali sono spesso pubblicati sul suo canale Telegram, dove esprime le sue opinioni su questioni di attualità e scenari geopolitici complessi. La sua esperienza e il suo ruolo istituzionale le conferiscono un’autorevolezza nel campo dell’analisi politica, rendendola una voce influente nel dibattito pubblico russo e internazionale.
vietatoparlare