Meno stupefacenti, ma più psicofarmaci (senza ricetta): cosa raccontano i dati sul consumo di sostanze tra i giovani

Il consumo di sostanze stupefacenti tra i giovani è in calo, ma il consumo di psicofarmaci senza prescrizione ha raggiunto livelli record. E a differenza di praticamente tutte le altre sostanze, sono assunti soprattutto da ragazze. Sono i dati emersi dalla Relazione annuale del Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, riguardante il 2024, redatto dal Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio.
L'uso di sostanze tra i giovaniSecondo i dati offerti dal documento, si registra un lieve calo del consumo di droghe fra i giovani, sebbene l’uso resti diffuso: quasi 910mila studenti tra i 15 e i 19 anni - ovvero il 37% circa della popolazione studentesca - hanno fatto uso almeno una volta di una sostanza psicoattiva illegale e 620.000 (25%) lo hanno fatto nel corso dell’ultimo anno. Un numero in leggera diminuzione rispetto al biennio precedente. Tuttavia, la precocità dei consumi resta elevata: oltre un terzo degli studenti ha provato cannabis prima dei 14 anni. La sostanza più diffusa rimane la cannabis (21%), seguita dalle NPS (Nuove Sostanze Psicoattive, 5,8%), cannabinoidi sintetici (3,5%), stimolanti (2,4%), cocaina (1,8%), allucinogeni (1,2%) e oppiacei (1,2%).
A questi dati si aggiungono gli psicofarmaci senza prescrizione, il cui uso ha raggiunto livelli record: oltre 510.000 studenti tra i 15 e i 19 anni ne hanno fatto uso almeno una volta nella vita, e 180.000 studenti minorenni (il 12%) ne hanno fatto uso solo nell’ultimo anno. Si tratta di un consumo che - a differenza delle altre sostanza - è maggiormente diffuso tra le ragazze rispetto ai coetanei.
Le possibili motivazioniLe motivazioni dietro alla diffusione del consumo di psicofarmaci non prescritti tra i più giovani potrebbero essere molteplici. Gli ultimi anni hanno visto un incremento di ansia, depressione, stress scolastico e disturbi dell’umore tra gli adolescenti, acuiti da eventi globali come la pandemia. Secondo i dati raccolti dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (Agia), il 51,4% dei ragazzi soffre in modo ricorrente di stati di ansia o tristezza prolungati. Il 24% ansioso e il 16% non sa definire il proprio stato d’animo.
Molti di loro potrebbero ricorrere agli psicofarmaci come autoterapia per gestire questi sintomi, spesso senza il supporto o la supervisione di un medico. Anche perché la diagnosi di questo tipo di disturbo non è semplice, dal momento che alcuni sintomi (come nervosismo, sudorazione, pianto, difficoltà nelle relazioni e calo del rendimento scolastico) possono essere confusi con le normali difficoltà dell’adolescenza o sottovalutati da famiglia e scuola. Inoltre, la diagnosi precoce è spesso ostacolata da stigma, scarsa informazione e difficoltà di accesso ai servizi di salute mentale. Gli psicofarmaci (ansiolitici, sedativi, antidepressivi) possono essere facilmente reperiti in ambito familiare, rubati da armadietti dei medicinali o ottenuti da coetanei. A differenza delle droghe illegali, vengono spesso percepiti come “sicuri” o “meno pericolosi”, perché associati all’uso medico.
Le differenze di genere nell'abuso di psicofarmaciLe ragazze, più frequentemente rispetto ai ragazzi, riportano un maggior bisogno di controllo delle emozioni, peso, rendimento scolastico o relazioni. Secondo l’ultima relazione AlmaDiploma, le ragazze riconoscono l’ansia come emozione dominante nell’ambito scolastico molto più dei loro coetanei (+20%). È stato dimostrato che le ragazze tendono a sviluppare disturbi internalizzanti (ansia, depressione) più dei coetanei maschi: uno studio britannico su oltre 17.000 bambini ha rilevato che le traiettorie di questi disturbi aumentano significativamente nelle ragazze durante l’adolescenza, mentre nei maschi tendono a stabilizzarsi o regredire. Il motivo di questa differenza è una combinazione di fattori neurobiologici, ormonali e psicologici, e una diversa esposizione a fattori di stress sociali dovuti a un diverso ruolo di genere.
Quali soluzioni?Per fronteggiare il crescente uso di psicofarmaci non prescritti e il più ampio disagio psicologico delle giovani generazioni, serve un investimento strutturale nell’educazione alla salute mentale, già a partire dalla scuola secondaria di primo grado: introdurre percorsi di alfabetizzazione emotiva, gestione dello stress e consapevolezza sui farmaci può aiutare gli studenti a riconoscere i propri stati d’animo e a chiedere aiuto in modo corretto. E gli studenti - secondo i dati di Almadiploma - sarebbero pronti ad accogliere questo tipo di tema in classe: il 56% di loro si è detto interessato a parlare di benessere psicologico e il 51% di gestione dello stress e dei cambiamenti. Anche in questo caso, c’è una differenza di genere: le ragazze favorevoli sono quasi il 20% in più rispetto ai coetanei.
Un ruolo centrale va affidato anche agli sportelli psicologici scolastici, che dovrebbero essere resi stabili, accessibili e ben comunicati. Se le misure prese dopo la pandemia avevano aiutato la diffusione di questo tipo di servizio, che era arrivato a coprire quasi il 70% degli istituti scolastici italiani. Tuttavia, nel corso degli ultimi anni il numero è crollato a circa 2.500-3.000 sportelli, circa la metà.
Per far fronte alla situazione, con la Legge di Bilancio 2025 è stato istituito per la prima volta un Fondo nazionale per il servizio di sostegno psicologico nelle scuole: 10 milioni di euro per il 2025 e 18,5 milioni annui dal 2026. Questo rappresenta una svolta importante: la psicologia scolastica diventa una componente strutturale del sistema educativo, non più legata solo a progetti temporanei o iniziative locali. Un primo importante passo, che ha bisogno però di continuità.
Luce