Cosa sta succedendo al Napoli Pride. Gaza spacca la comunità LGBTQ+ partenopea


Un momento del Napoli Pride dell'anno scorso
Il Napoli Pride 2025 è previsto per sabato 5 luglio con raduno alle 16.30 in piazza Municipio, la madrina sarà Gaia e il tema scelto per l’edizione di quest’anno è "Amore senza confini". O almeno, dovrebbe andare così. Tuttavia, a poche settimane dall’evento, stanno emergendo forti spaccature e polemiche all’interno della comunità Lgbtqia+ partenopea, principalmente legate al conflitto in Palestina e alle diverse posizioni rispetto all’invasione di Gaza da parte dello Stato di Israele.
Il presidente di Arcigay Napoli a Tel AvivIl punto centrale della controversia riguarda la partecipazione di Antonello Sannino, presidente di Arcigay Napoli, al Pride di Tel Aviv (poi saltato). Sannino ha preso parte a una delegazione italiana in visita ufficiale nella capitale, invitata dal ministero degli Esteri israeliano. Il presidente Arcigay si trova ancora nello Stato estero, bloccato a causa dell’aggravarsi del conflitto nella regione. In un’intervista al Corriere del Mezzogiorno, Sannino ha spiegato che la missione aveva l’obiettivo di "comprendere lo stato della democrazia e dei diritti civili" in Israele, definito dallo stesso come "l’unica democrazia nel contesto del Medio Oriente". Ha inoltre sottolineato la situazione di grave repressione nei confronti delle persone Lgbtqia+ in altri Paesi della regione, come l’Iran.
Le reazioni nel movimento napoletanoUna posizione che ha provocato una forte reazione all’interno del movimento napoletano. L’Associazione Transessuale Napoli (ATN) ha annunciato l’uscita dal coordinamento politico del Pride, denunciando il mancato inserimento nella piattaforma della manifestazione della frase "Basta genocidio. Palestina libera". In un comunicato, ATN ha spiegato di aver tentato più volte di rimanere parte del percorso collettivo, ma di essersi trovata davanti a un “aut aut” che non ha potuto accettare. L’associazione ha quindi deciso di non partecipare al corteo, affermando che la rivolta politica delle persone trans non può ignorare la sofferenza di chi resiste sotto assedio: “Il Pride nasce come una rivolta politica delle persone trans - ha scritto ATN nel comunicato - e oggi non possiamo che essere al fianco della Palestina”.
Anche l’associazione IKen Napoli ha scelto di non partecipare al Pride e di organizzare un evento alternativo, criticando la partecipazione di Sannino alla delegazione in Israele definita “pinkwashing”, cioè un uso strumentale dei diritti Lgbtqia+ da parte di uno Stato per coprire politiche repressive. IKen ha chiesto un Pride "libero dalla guerra, dalle logiche del profitto e dagli sponsor legati alle multinazionali del conflitto". “Crediamo che il Pride debba restare uno spazio credibile, inclusivo e impegnato per la giustizia globale”, ha scritto l’associazione sui propri profili social. Nel frattempo, Antinoo Arcigay Napoli ha espresso preoccupazione per la sua situazione in Israele, chiedendo un intervento urgente delle istituzioni italiane per garantire un ponte umanitario che permetta il suo rientro in sicurezza. L’associazione ha inoltre ribadito la condanna di ogni forma di guerra, violenza e violazione dei diritti umani, esprimendo solidarietà a tutte le vittime civili del conflitto, sia palestinesi che israeliane e iraniane.
Il pride alternativo: Arrevutamm PrideIl clima di tensione lascia aperta la possibilità che il 5 luglio a Napoli non sia l’unico Pride. Per il 28 giugno infatti è stata organizzata una “contro manifestazione” con posizioni divergenti all’interno della comunità Lgbtqia+, chiamata Arrevutamm Pride. Questo, in breve, il manifesto dei promotori: “Arrevutamm, che brucia, come la rabbia che abbiamo in corpo, una rabbia queer, una rabbia trans, una rabbia transfemminista, che brucia il mondo e si fa motore di trasformazione. Il nostro nome, Arrevutamm, come Rivolta, Sollevazione, Rivoluzione, contro il sistema ciseteropatriarcale, capitalista, imperialista e machista che ci opprime e tenta ogni giorno di cancellare le nostre esistenze queer, per definizione portatrici di una carica rivoluzionaria perché non-incanalabili in questo sistema d'oppressione dominante”.
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