La strada di Gerson: «Bari, scelte forti: serve gente motivata»

Alla vigilia del ritiro precampionato, in un clima di attesa e interrogativi, il Bari si prepara ad affrontare una nuova stagione di serie B con molte incognite e altrettante speranze. I movimenti di mercato, ancora parziali e oggetto di dibattito, provano ad accendere il confronto tra tifosi e addetti ai lavori, alimentando uno scetticismo diffuso che si riflette nelle piazze e sui social. Al centro delle discussioni, la figura di Fabio Caserta, chiamato a guidare i biancorossi dopo un’annata segnata da alti e bassi. E la questione della multiproprietà, che continua a sollevare dubbi sulla reale portata delle ambizioni societarie.
In questo contesto, la voce di chi ha vissuto il Bari da protagonista può offrire uno sguardo lucido e competente. Gege Gerson, ex centrocampista biancorosso e profondo conoscitore dell’ambiente, condivide le sue impressioni sul momento attuale del club direttamente dalla sua San Paolo. Città brasiliana dove si è stabilito di recente anche per seguire la crescita calcistica del figlioletto Lorenzo nell’Under 17 del Santos.
Tanti gli argomenti sul tappeto. Dalla valutazione delle strategie di mercato alla lettura del progetto tecnico, passando per il rapporto tra società e tifoseria, Gerson analizza con schiettezza e passione le prospettive della squadra in vista del prossimo campionato cadetto.
Gegè, partiamo dal mercato. Come giudica i primi movimenti del Bari in questa sessione estiva? Ritiene che si stia operando con una strategia chiara?
«Il punto di partenza deve essere il mancato raggiungimento dei playoff nella scorsa stagione. Un enorme dispiacere. Da lì sono emersi dei problemi. La squadra aveva dei punti deboli. Un peccato per la tifoseria. Se Caserta crede nei rinforzi in arrivo è già un buon inizio. Ogni giocatore verrebbe a giocare a Bari, ma contano anche le disponibilità economiche di un mercato in cui la concorrenza delle altre società è spietata».
Molti tifosi si aspettano rinforzi di spessore. Quali reparti necessitano di interventi più urgenti per affrontare al meglio la serie B?
«Non è detto che si vinca solo con i nomi. Va costruito un gruppo coeso e forte. Non sempre arrivano i profili inseguiti. Ogni reparto merita grandi attenzioni. La squadra si costruisce partendo da una buona difesa, pensando agli equilibri dalla cintola in su sempre in funzione delle idee del mister. Maita, per esempio, riparte da Benevento perché avrà ricevuto un’offerta migliore. Il calcio è così. Caserta gioca con la difesa a quattro? Più che i numeri, contano gli uomini. Spazio a giovani vogliosi e affamati».
La scelta di Fabio Caserta come nuovo allenatore ha suscitato reazioni contrastanti. Che tipo di tecnico è e quali caratteristiche può portare al Bari?
«Per quello che ho visto, Fabio Caserta incarna il prototipo di allenatore grintoso e con una logica di gioco precisa. Si merita una bellissima opportunità come questa. Col suo staff, lavorerà bene. Indossare i colori biancorossi costituisce un onore. Ci metterà il temperamento che è scemato l’anno scorso quando tutti eravamo convinti di arrivare ai playoff. Non è stato così. Una rabbia per un obiettivo atteso troppo. Nel calcio, non si vince aspettando».
Lei ha vissuto lo spogliatoio biancorosso. Quanto conta, in una piazza come Bari, il rapporto tra allenatore e gruppo squadra?
«Ho vissuto lo spogliatoio nel bene e nel male. Passa tutto di là. In questo ambiente si costruiscono la squadra, le amicizie, il gruppo squadra e i risultati sul campo. Il rapporto tra Caserta e i suoi uomini sarà fondamentale».
La multiproprietà continua a far discutere. Pensa che possa rappresentare un limite concreto alle ambizioni del club?
«Su questo argomento, dico che la Federazione dovrebbe prendere dei provvedimenti. In tal senso, il Bari è penalizzato. L’importante è che la piazza torni a giocare nel posto che merita».
In questo contesto, come valuta la posizione della società rispetto agli obiettivi dichiarati? C’è coerenza tra parole e azioni?
«Sono fiducioso. Io vorrei vedere il Bari tra le prime quattro e se c’è la possibilità di salire, si dovrà insistere per arrivare in alto. Puntare ai playoff significa accontentarsi. Piazzarsi davanti è sempre meglio».
Il ritiro precampionato è alle porte. Quanto è importante partire con il giusto spirito e una rosa già delineata?
«Caserta ce la metterà tutta. Pure per lui, Bari rappresenta una grande opportunità professionale. Anche negli allenamenti e nelle amichevoli, occorre scendere in campo con la testa giusta. Prepararsi bene. Spero che Caserta sia fortunato e con lui i giocatori che stanno arrivando. E’ importante sapere sin da subito cosa fare».
Lo scetticismo dei tifosi è palpabile. Da ex giocatore, come si gestisce la pressione di una piazza esigente come quella barese?
«A prescindere dai nomi, tutti i calciatori che avranno la fortuna di giocare a Bari devono arrivare con la testa giusta. Questo farà la differenza. La piazza è esigente e seguire la propria squadra del cuore non è un hobby. Con la passione di questi tifosi non si scherza. E’ bene che i nuovi calciatori lo sappiano».
Guardando al prossimo campionato di B, quali squadre vede come principali antagoniste e dove può collocarsi realisticamente il Bari?
«Spero che cambi la musica. Gli avversari sono agguerriti ed attrezzati. Bisogna guardare alle faccende interne. Metto il Bari sempre al vertice. In tanti lotteranno per salire e poi, contro i biancorossi, tutti giocano col coltello tra i denti. Sia al San Nicola che in trasferta, dove i tifosi baresi si presentano sempre in massa. Per questo, i risultati della squadra devono allinearsi alla forza del suo pubblico. Che va rispettato».
Infine, un messaggio ai tifosi. Cosa si sente di dire a chi oggi guarda al futuro del Bari con più dubbi che certezze?
«Quella biancorossa è una tifoseria sottovalutata da chi gestisce il club. In termini di passione e mentalità. Non può essere così. Il Bari ha un nome e ha sempre lottato per stare in A. Vedere la città in basso non è bello. Per tradizione, sin da quando giocavo io, il Bari è sempre stato rispettato in tutti gli stadi d’Italia. Adesso, la credibilità e la fiducia segnano un passivo anche rispetto alle altre squadre. Conosco bene la piazza. Il barese è tosto e non molla mai. Non bisogna arretrare di un centimetro. Oggi c’è amarezza, però non bisogna perdere la fiducia. Anche io sono addolorato. Mi auguro un giorno di tornare a Bari e festeggiare con persone che ci mettono l’anima».
La Gazzetta del Mezzogiorno