L’ordine, il disordine e qualche avverbio di troppo. Elisabetta Rasy allo Strega

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L’ordine, il disordine e qualche avverbio di troppo. Elisabetta Rasy allo Strega

L’ordine, il disordine e qualche avverbio di troppo. Elisabetta Rasy allo Strega

Strega 2025 - Pagina 69

La scrittrice, già finalista allo Strega nel 1995, torna con un romanzo che naviga nel mare perduto della Napoli del dopoguerra. Racconta il rigore paterno e il disordine malinconico

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Terza puntata del carotaggio Strega 2025. Andare a pagina 69 del libro candidato e considerarla il microcosmo del macrocosmo. Una porzione rappresentativa, capace di indirizzare chi in libreria si chiede “Mi piacerà? Non mi piacerà?” e non si fida del risvolto di copertina. Troppe spiacevoli esperienze passate, tutti i romanzi paiono il capolavoro del secolo. Siamo a Elisabetta Rasy con “Perduto è questo mare”. La scrittrice era già stata finalista nel 1995, il mare perduto è quello che secondo Anna Maria Ortese “non bagna Napoli”. Era il titolo della raccolta di racconti e reportage che vinse il Premio speciale Viareggio nel 1953. Non è un segreto, non c’è neanche bisogno di aprire il libro: una delle figure del perduto mare è Raffaele La Capria, che con “Ferito a morte” il premio Strega lo vinse nel 1961.

Andiamo subito a pagina 69. “Il gorgo della Napoli del dopoguerra, la città che ti addormenta o ti ferisce a morte, come anni dopo avrebbe scritto Raffaele”. Ora che Raffaele non è più un segreto neppure per noi, che mai oseremmo ostentare tanta familiarità, conosciamo l’altro protagonista del romanzo. Il padre della scrittrice, visto con gli occhi della madre: “Tuo padre è fissato con l’ordine, diceva mia madre che invece ostentava il suo disordine come una manifestazione artistica”. Lasciava i posacenere pieni di mozziconi oppure “lasciava cadere distrattamente la cenere per terra”.

Diremmo che “distrattamente” è di troppo, come spesso sono gli avverbi. Tanto più che la distrazione c’entra poco. Se non come posa: “Lasciava cadere la cenere per esprimere la sua malinconia, la sua mancanza di presa sulle cose del mondo dopo la stagione di amore appassionato, la luna caprese, i balli, la trepidazione per le partenze di lui, l’immensa ferita del ritorno”. La reazione paterna era fissata sull’ordine: “Avvitava i tappi alle bottiglie così forte che poi era un problema riaprire” (tappi e avvitamento non vanno tanto d’accordo, sarà una licenza poetica).

Subito a pagina 99: controprova, o secondo assaggio. Era la pagina scelta dal romanziere Ford Madox Ford con le stesse intenzioni della pagina 69 di Marshall McLuhan: un assaggio per sapere se il libro sarà di nostro gusto. Troviamo un grande splash che allarma il capitano di un caicco partito da Bodrum. Alla prima baia con l’acqua cristallina, Raffaele si era tuffato dal parapetto più alto, come faceva giovanotto dalla terrazza napoletana di Palazzo Donn’Anna. La curiosità spinge a leggere il seguito: il capitano si butta in mare vestito, pensando a un incidente o addirittura un tentativo di suicidio. Spettacolare, in verità. Sui documenti ha letto che il signor La Capria ha 86 anni. Perduto è questo mare” è il candidato più classico, nostalgico della “letteratura di papà”. Detto nel senso in cui la Nouvelle Vague cinematografica parigina era ostile al “cinéma de papa”. Domani tocca all’outsider Michel Ruol, medico anestesista e finora autore di racconti e teatro. Titolo: “Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia”.

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