La stimolazione cerebrale a bassa intensità può aiutare con l'Alzheimer. I neuroni riacquistano flessibilità.

Un nuovo studio australiano offre una speranza ai pazienti affetti da Alzheimer. Gli scienziati hanno dimostrato che la stimolazione magnetica transcranica a bassa intensità (rTMS) può ripristinare la normale funzione sinaptica nel cervello affetto da demenza. Questa è la prima dimostrazione concreta che il cervello può recuperare la plasticità in questa malattia neurodegenerativa.
L'Alzheimer è una malattia che distrugge gradualmente le connessioni tra le cellule nervose, le cosiddette sinapsi. Queste sono le connessioni attraverso cui i neuroni comunicano, e la loro flessibilità, ovvero la capacità di rafforzarle o indebolirle, è fondamentale per la memoria e l'apprendimento. Nell'Alzheimer, questa capacità diminuisce drasticamente.
- La plasticità sinaptica è significativamente compromessa nel morbo di Alzheimer - sottolineano gli scienziati.
Ciò porta a un declino cognitivo e a una riduzione della qualità della vita. Attualmente non esiste una cura efficace e il trattamento si limita al sollievo dei sintomi.
Una tecnica nota come stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) offre una speranza. In parole povere, consiste nell'applicare impulsi elettromagnetici alla testa per stimolare aree specifiche del cervello. La rTMS è già utilizzata per trattare la depressione, ad esempio, ma i suoi effetti sul morbo di Alzheimer sono rimasti poco chiari.
Un team dell'Università del Queensland e del Wicking Dementia Research and Education Center (Università della Tasmania) ha esaminato l'effetto della rTMS a bassa intensità sui neuroni nei topi con un modello di malattia di Alzheimer. Si sono concentrati sui cosiddetti bottoni assonali , le minuscole terminazioni neuronali dove si formano le sinapsi.
"Questo è il primo studio a fornire la prova che i bottoni presinaptici rispondono alla rTMS sia nel sistema nervoso sano che in quello affetto da demenza", afferma la Dott.ssa Barbora Fulopova, coautrice dello studio.
Gli scienziati hanno lavorato con topi appositamente modificati che sviluppano sintomi simili al morbo di Alzheimer. Utilizzando la fluorescenza, sono stati in grado di osservare costantemente i cambiamenti nelle connessioni tra i neuroni. Per otto giorni, hanno monitorato l'attività di due tipi di bottoni:
terminaux boutons (TB) – connessioni locali tra neuroni vicini,
pulsanti en passant (EPB) – connessioni più disperse su distanze maggiori.
Prima della stimolazione a bottoni, i topi affetti da Alzheimer erano meno attivi dei topi sani. Dopo una singola sessione di rTMS, la situazione è cambiata.
I cambiamenti più significativi si sono verificati due giorni dopo la stimolazione. L'attività della TB è aumentata del 213% nei topi con Alzheimer e dell'88% nei topi sani. Inoltre, il livello di attività dei bottoni nei topi malati era uguale a quello dei topi sani prima della stimolazione. Ciò indica che la stimolazione ha "risvegliato" le sinapsi.
L'effetto, tuttavia, è stato di breve durata: dopo otto giorni, i bottoni si sono nuovamente ridotti. Ma anche un ripristino temporaneo dell'attività rappresenta un passo significativo per i ricercatori.
È interessante notare che solo uno dei due tipi di bottone, il TB, ha risposto alla stimolazione. Gli EPB sono rimasti invariati. Questo potrebbe indicare che la rTMS agisce solo su specifici tipi di cellule nervose, aprendo la strada a terapie ancora più precise.
"I nostri risultati evidenziano il suo potenziale come potente aggiunta alle strategie di trattamento dell'AD attualmente in uso", osserva Fulopova.
Sebbene lo studio sia stato condotto sui topi, i suoi risultati lasciano ben sperare. Se questi effetti venissero confermati negli esseri umani, la rTMS a bassa intensità potrebbe diventare una componente della moderna terapia per l'Alzheimer. Non come una cura miracolosa, ma come un modo per migliorare la comunicazione interneuronale e la qualità della vita dei pazienti.
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