Due trappole per Meloni: vola nei sondaggi ma deve affrontare guerra delle banche e esteri

La premier sull'altalena
Va su nei sondaggi, ma perde colpi nei rapporti tra Usa e Europa e rischia di prendere una sberla nella gara per il controllo delle Generali

Nei sondaggi Giorgia Meloni vola. È oltre il 30. Le tensioni nella maggioranza, mai arrivate neppure in prossimità del punto di rottura, sembrano sopite. Riesploderanno certamente ma difficilmente faranno più danno del pochissimo fatto sinora. E tuttavia la premier si trova nella fase forse più difficile della sua carriera di presidente del consiglio su fronti diversi da quello tutto in discesa della politica interna: gli Esteri e la Finanza.
Ieri sul Corriere della Sera campeggiava una delle poche interviste concesse dalla premier che in materia è piuttosto parca. Solo che diceva il meno possibile e dopo aver incontrato Erdogan non ha concesso di più: si è barricata dietro l’ovvio, come l’auspicio che la tragedia di Gaza finisca e dunque il sostegno alla mediazione dei Paesi arabi o quello che l’incontro romano fra Trump e Zelenky segni la svolta. Ha preso una posizione netta solo dove l’accordo nell’intero occidente è unanime: “La tregua di tre giorni proposta da Putin è decisamente insufficiente”.
Il primo problema della premier è che il ruolo di ponte tra le due sponde dell’Atlantico che si è ritagliata non sta funzionando. Nell’intervista lo dice e lo ripete: “Perché gli incontri portino a risultati serve tempo, bisogna prepararli adeguatamente. Oggi i tempi non sono ancora maturi”. Ma pur se acerbi, i tempi stringono anche, e la realtà è che nel suo rapido giro a Roma Trump non ha dato alcun segnale tale da accreditare il ruolo di mediazione dell’amica italiana. In compenso il segretario al Tesoro Bennett ha lanciato ieri un vero siluro: “Alcuni Paesi hanno imposto tasse ingiuste per i nostri internet provider. Vogliamo vederle rimosse”. I Paesi in questione sono Italia e Francia. Poi ha se non gelato almeno raffreddato eventuali ottimismi sulla trattativa con la Ue: “Hanno alcune questioni interne da risolvere prima di potersi impegnare in un negoziato”.
Nell’intervista al principale quotidiano italiano la premier ha messo le mani avanti sull’eventualità che il vertice Usa-Ue non si svolga come da lei desiderato a Roma ma a Bruxelles: grande soddisfazione se l’incontro sarà nella capitale italiana, ma se anche si trattasse di Bruxelles o di altra località qualche merito penso di poter dire che lo avrò avuto comunque”. Beh, che il vertice si svolga o meno a Roma, dal suo punto di vista e quanto al riconoscimento della centralità cui aspira in Europa, non è affatto la stessa cosa.
Il secondo boccone amaro è la mossa con la quale Mediobanca cerca di sottrarsi all’arrembaggio di Mps. La partita, che ha per posta in gioco il cuore del sistema finanziario italiano, il controllo delle Assicurazione Generali, è estremamente complessa e non può essere ridotta al suo versante direttamente politico. Che tuttavia c’è e non in posizione secondaria. Su quel versante l’appoggio del governo all’operazione Mps era stato esplicito e rumoroso e del resto l’uomo chiave della manovra è Caltagirone, molto più limitrofo al sistema politico e in particolare alla destra al governo di quanto non siano i suoi rivali diretti, Alberto Nagel, ad di Mediobanca, e Philip Donnet, ad di Generali. Uno scacco su quel terreno sarebbe per il governo molto più pesante anche se meno visibile agli occhi dell’opinione pubblico di tante altre partite apparentemente essenziali.
Non significa che Giorgia Meloni abbia perso né su un fronte né sull’altro. Tutto è ancora da definirsi. Quel che è chiaro però è che, varcata la soglia di metà legislatura, la corsa di Giorgia Meloni ha smesso di essere tutta in discesa. Ma è anche vero che la posta in gioco è diventata infinitamente più alta.
l'Unità