Che noia che barba, l’aria fritta sul Ponte di Messina (e una chicca di Tozzi)

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Che noia che barba, l’aria fritta sul Ponte di Messina (e una chicca di Tozzi)

Che noia che barba, l’aria fritta sul Ponte di Messina (e una chicca di Tozzi)

Foto ANSA

parole stanche

Servirebbero opinioni serie, ma sui giornali c’è solo fuffa antimoderna e una sfilata di luoghi comuni che fa sbadigliare

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In fondo basterebbe conformarsi al giudizio sconsolato e un po’ annoiato, tra due sospiri, di Flavia Fratello di “Stampa e regime”: “Mi pare che tutti questi commenti, proprio tutti, sono gli stessi che ho già sentito, uguali, anche l’altra volta, tutte le volte che si parla del Ponte di Messina”. Che noia che barba. Ma soprattutto che disperante immobilità, aggrappata come agli scogli dello Stretto a un (pre)giudizio già emesso. Berlusconi 2002, Renzi e Gentiloni dieci anni dopo. Adesso Salvini. Si potrebbe far parlare i competenti, interrogarsi se sia meglio la campata sola o le tre campate. Niente, i giornali già stanchi di dibattere su Garlasco riscoprono “l’indignazione e la rabbia” di “comitati ambientalisti, università, giovani” (i giovani, una nuova categoria dei competenti).

Anche tralasciando i politici, Pavlov è il loro mestiere: ma al commercialista del popolo Conte, prima di parlare dei 17 miliardi sottratti all’Alta velocità (l’ha letto sul Sole 24 Ore, ma leggendo il Corriere Economia non sembra che le cose siano proprio così) basterebbe far di conto su quanti miliardi buttati dal suo Superbonus avrebbero potuto essere meglio utilizzati sopra lo Stretto. E Bonelli che strilla: “Sono 14 miliardi di soldi dei cittadini, senza un euro di investimenti privati”, è lo stesso Bonelli che di solito si strappa i capelli se i privati entrano in opere di pubblica utilità, fosse persino uno stadio per il calcio?

La sfilata dei luoghi comuni, per comodità saccheggiamo la Stampa, fa sbadigliare. Si rischia di stramazzare sotto il peso dei “400 accademici” del comitato NO Ponte: fanno sapere che ci sono anche filosofi e antropologi, fondamentali per dibattere di un’opera di ingegneria, e non dubitiamo che ci sia anche uno zoologo di Napoli. Ma si può dire tutto e il contrario, basta essere contrari. Il professore di disegno industriale Filippo Cucinotta è preoccupato per la “deroga all’impatto ambientale, che è avvenuta grazie alla militarizzazione del Ponte”. Su cui ovviamente nessuno pensa di mettere dei cannoni, ma di questi tempi dire “militarizzazione” fa impegno civile. E soprattutto, si allarma, “il pilone calabrese sorgerà su una faglia attiva”. Come del resto metà dell’Italia.

C’è il paesaggista palermitano Giuseppe Barbera: “Se il ponte fosse stato costruito trent’anni fa sarebbe stata un’operazione da fare. Ora il mondo è cambiato”. Quindi si viaggia meno? O forse, come ha postato su X un esponente del Pd siciliano, c’è da essere soddisfatti che in un giorno feriale tra Messina e Palermo non viaggi nemmeno un Tir? Ma il paesaggista si occupa di passaggio, e si sporge oltre Scilla e Cariddi: “Quest’opera mastodontica è l’idea di futuro che abbiamo per la Sicilia, l’Italia, il Pianeta?”. Anche un bambino potrebbe tranquillamente rispondergli: “Sì, proprio quella”. E’ la stessa idea del futuro che si chiama Golden Gate, la stessa del Vasco da Gama sul Tago, del Mackinac Bridge sul lago Michigan: tutte opere di ingegneria persino magnifiche, che hanno semplificato la vita di milioni di persone e reso il paesaggio antropizzato, cioè più bello. Ma vuoi mettere il contributo paesaggistico dei traghetti che sbuffano tra Villa e Messina?

Immancabile come un disco rotto Mario Tozzi: “Si sviluppa il cemento non il paese”. Ma lo Stretto lo mette in vena lirica: “La corporazione onanistica dei costruttori nostrani è in piena falloforia, pronta all’orgasmo quando le due sponde saranno finalmente riunite”. E questa eruttazione da liceale, scommettiamo che Flavia Fratello non l’aveva mai sentita. Ma quando Tozzi torna sulla terra e affronta il tema, sacrosanto per la verità, delle migliaia di edifici non sismici del reggino e del messinese, fa un’affermazione che contraddice il succitato Cucinotta: “In caso di sisma, il ponte rimarrebbe in piedi, ma a unire i due cimiteri”. Vada per i cimiteri, ma quindi l’annoso problema sismico, su cui sono crollati la metà dei progetti, a partire dal ponte di barche delle guerre puniche, è inopinatamente stato superato persino da Tozzi. E questa no, non l’avevamo ancora sentita.

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