Precari, frustrati, disprezzati: anche i professori sono vittime di un sistema scuola che non funziona più

La lettera della studentessa del liceo scientifico di Lugo ha colpito per la sua onestà emotiva e la lucidità con cui descrive la distanza tra scuola e alunni. Ma non solo i suoi coetanei hanno potuto ritrovarsi in quelle parole: molti docenti si sono riconosciuti in una sofferenza simile. Sui social i commenti di chi si trova dall’altro lato della cattedra sottolineano a loro volta la necessità di ritrovare la connessione con i propri alunni. Anche il mondo degli insegnanti sembra attraversato da un malessere profondo: un mestiere che era vocazionale si è trasformato in un ruolo sempre più fragile e logorato, spesso privo del supporto necessario per funzionare davvero.
Il punto di vista dei docentiMolti insegnanti lamentano un clima sempre più teso nelle classi. Aule caotiche, scarsa motivazione, e una crescente difficoltà nel farsi ascoltare. Ad aprile Cesare Tricerri, insegnante di Scienze motorie, ha raccontato a Orizzonte Scuola le difficoltà del suo mestiere: "Viviamo tra studenti maleducati e superprotetti dalle famiglie".
La relazione educativa sembra sempre più difficile da costruire in un contesto che lascia poco spazio al dialogo e molto invece alla pressione del programma e della valutazione. I docenti si trovano spesso soli nel mediare tra esigenze didattiche, bisogni emotivi degli studenti, richieste delle famiglie e carichi burocratici in continuo aumento. In questo scenario, anche gli insegnanti più appassionati rischiano di perdere entusiasmo, sopraffatti da un sistema che sembra chiedere sempre di più e dare sempre di meno. Ed è qui che le prospettive ai due lati della cattedra si incontrano, pur partendo da fronti apparentemente opposti: da una parte chi vorrebbe essere formato e ascoltato, dall’altra chi prova a farlo ma non trova lo spazio o il riconoscimento per riuscirci.
Famiglie e scuola: un'alleanza da ricostruireUn altro nodo centrale è il rapporto con le famiglie. Spesso, invece di sostenere il lavoro educativo dei docenti, i genitori si pongono in difesa preventiva dei figli, minando l'autorevolezza dell'insegnante. Se in passato il professore era considerato una figura autoritaria, che nessuno metteva in discussione, già solo per il fatto di aver raggiunto un determinato livello d’istruzione, oggi la percezione della scuola è diversa, e la figura del docente viene messa molto più spesso in discussione.
Secondo Education Marketing, "la comunicazione scuola-famiglia è oggi più spesso uno scontro che un confronto", nonostante il Patto di Corresponsabilità che secondo la normativa italiana viene firmato sia dalle famiglie che dai docenti all’inizio dell’anno scolastico. Si crea così una dinamica che impedisce la costruzione di quella “comunità educante” che dovrebbe essere il fondamento della scuola.
Il precariato cronico: un sistema che logora gli insegnantiA queste difficoltà quotidiane, si aggiunge una delle principali ferite strutturali del sistema scolastico italiano: il precariato cronico. Una condizione che mina non solo la stabilità lavorativa, ma anche la qualità della relazione educativa. Secondo un report di Tuttoscuola, nell’anno scolastico 2023-2024 si sono contati circa 235.000 docenti precari, un numero enorme che testimonia quanto sia diffusa e sistemica questa condizione lavorativa. Per moltissimi insegnanti, la precarietà significa dover cambiare scuola ogni anno, a volte anche in corso d’anno, con tutte le difficoltà che questo comporta: dalla necessità di adattarsi a nuovi ambienti, colleghi e dirigenti, fino all’impossibilità di costruire un legame duraturo e significativo con gli studenti. Questo continuo ricominciare da zero logora la motivazione, ostacolando quella continuità educativa di cui gli studenti - soprattutto i più fragili - avrebbero invece bisogno. Come spiega Francesco Rossi su La via libera, “diventare insegnanti di ruolo è oggi una corsa a ostacoli, tra concorsi rari, abilitazioni bloccate e riforme confuse”. La strada è spesso lunga e faticosa - e non garantisce risultati certi: anche chi supera i concorsi può restare senza cattedra per mesi o essere assegnato a una provincia lontana da casa. A questo si aggiunge la complessità di un sistema abilitativo frammentato, più volte modificato negli ultimi anni e tuttora oggetto di continui rinvii e aggiustamenti. Il risultato è un esercito di insegnanti spesso giovani, appassionati ma disillusi, lasciati in balia della burocrazia e dell’incertezza. Il precariato non è solo una questione lavorativa: è anche un grosso problema educativo, perché impedisce agli insegnanti di progettare a lungo termine, di sentirsi parte integrante di una comunità scolastica, di investire nella crescita dei propri studenti. In un sistema che fatica a garantire stabilità e riconoscimento, anche i docenti rischiano di sentirsi smarriti - esattamente come la studentessa del liceo di Lugo nella sua lettera. La crisi non è solo degli studenti, ma anche di chi ogni giorno si siede dall'altra parte della cattedra. Solo riconoscendo entrambe le fragilità si potrà iniziare a ricostruire davvero una scuola che funzioni.
Luce