POST-IT/ Oltre Gaza (e la Shoah): la sfida degli ebrei italiani

Gli ebrei italiani faranno una giornata di studi per l'anniversario del 7 Ottobre. Un panel di grande interesse. A cominciare dalla Shoah, che manca
Anticipando il clamore per il riconoscimento della Palestina da parte di Francia e Gran Bretagna, gli ebrei italiani hanno annunciato una giornata di studi per il secondo anniversario del 7 Ottobre. Un appuntamento che difficilmente potrà essere ignorato, anche da chi – prevedibilmente – criticherà o boicotterà l’iniziativa.
Il programma di La storia stravolta e un futuro da ricostruire si presenta ricco di spunti culturali e dotato di profili politici importanti. L’Unione delle comunità ebraiche italiane (UCEI) sarà ospitata dal CNEL, la “terza Camera” della Repubblica, un organo costituzionale. Ai lavori parteciperà il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi (fra l’altro: il responsabile, nel governo Meloni, della protezione garantita dalla polizia ai luoghi sensibili dell’ebraismo a Pisa, presi di mira dai primi cortei pro-pal nel febbraio 2024).
A una rapida lettura di locandina, la diaspora istituzionale italiana conferma il suo appoggio incondizionato allo Stato ebraico: sempre narrato come aggredito due anni fa dal sanguinoso attacco di Hamas e tuttora in lotta legittima per la sua sicurezza e sopravvivenza in Medio Oriente, 77 anni dopo la nascita.
Nella scaletta non sono invece visibili attenzioni per le decine di migliaia di vittime palestinesi della controffensiva israeliana a Gaza e in Cisgiordania. E alla “democrazia in movimento” a Gerusalemme è riservata solo l’ultima, veloce sessione della giornata.
Colpisce, d’altronde, che nell’intero programma non compaia la parola “Shoah”. È ovviamente impensabile che essa non venga mai pronunciata il 12 ottobre, quando la Memoria di Auschwitz risuonerà sicuramente forte e chiara.

Però – in attesa di seguire dal vivo gli interventi – sembra in qualche modo emergere l’intento UCEI di confrontarsi “qui e ora” sull’identità ebraica e sulla cittadinanza geopolitica di Israele. È una sfida che sta prendendo forma più marcata sia in settori dell’ebraismo israeliano o internazionale vicini al premier Netanyahu, sia in un dissenso sempre più preoccupato, in Israele come in Usa o Europa.
Dopo 700 giorni di crisi a Gaza, un’importante comunità ebraica fuori Israele come quella italiana sembra essere in ogni caso consapevole di doversi misurare con la contemporaneità del primo quarto del secolo XXI. La tragedia del popolo ebraico consumata in Europa nella prima metà del secolo scorso mantiene un valore assoluto, mai in alcun modo negabile. È stato un Olocausto pagato a prezzi terribili anche dagli ebrei italiani.
Tuttavia i discendenti di quelle vittime sembrano coscienti che tutto quanto è accaduto a Gaza (il 7 ottobre 2023 ma anche in questi giorni) è un passaggio storico troppo rilevante per poter essere affrontato con categorie politico-culturali consolidate (come ben conferma anche la scelta di riservare una sessione del convegno ad Antisemitismo e demonizzazione del sionismo).
Senza equivoche ipotesi di “superamento della Shoah”, lo Stato ebraico sta chiaramente cercando nuovi equilibri: nella sua democrazia interna, nella sua sicurezza esterna, nella sua competitività economica. E la diaspora mondiale è a sua volta alle prese con un aggiustamento di primo livello in una dialettica millenaria con l’Occidente: sono cronaca di ieri sia il discorso del presidente francese Emmanuel Macron all’ONU, sia lo sciopero “geopolitico” della sinistra italiana. A tutti la giornata UCEI si propone di rispondere a viso aperto: solo all’inizio di un percorso che non si annuncia né breve né facile.
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