Perù sotto assedio: criminalità organizzata, narcos e corruzione minacciano lo Stato

Professore, come si colloca il Perù nello scacchiere del narcotraffico in America Latina?Il Perù occupa attualmente il primo posto a livello mondiale come produttore di cocaina. Stando agli ultimi dati resi noti dal Ministero dell’Interno peruviano, si è avuto nel 2024 il record di sequestri di sostanze stupefacenti con circa centosettanta tonnellate tra cui cocaina e marijuana. L’individuazione di circa cento piste di atterraggio clandestine, cinquanta approdi costieri e più di mille laboratori impiegati nella produzione e raffinazione di cocaina, con un aumento del 200% del territorio utilizzato per le piantagioni di coca. Siamo di fronte ad un vero e proprio narco-Stato. Gli affari connessi alla droga continuano a essere la principale fonte di profitto gruppi peruviani. Questi ultimi sono in stretto contatto con esponenti colombiani e questo legame fa pensare a un tipo di struttura criminale che, con la Colombia, non ha solo rapporti commerciali, ma si è andata conformando anche ai modelli organizzativi elaborati dopo la scomparsa dei grandi cartelli della droga (es. Cartello di Medellin).
Il governo ha decretato lo stato d’emergenza a Lima e in molte parti del Paese, cosa sta accadendo realmente in quel territorio?
Il numero di omicidi è aumentato vertiginosamente, soprattutto nella capitale e nelle grandi città della costa bagnata dall’oceano Pacifico. In media in Perù si sono registrati oltre duemila omicidi l’anno. Una cifra spaventosa solo a dirsi. Considerando che il 20 marzo scorso le vittime erano già più di cinquecento, è probabile che tale cifra sarà superata nel 2025. Le estorsioni hanno assunto proporzioni mai viste prima nella storia del Paese. A essere vittime sono tutte le categorie sociali. Il traffico internazionale di sostanze stupefacenti è in continuo aumento, la maggior parte della droga è destinata, per l'80% al mercato europeo, per il 10% agli Stati Uniti e per il restante 10% ad altri Paesi latino-americani, al Sud Africa e all'Asia. La situazione evidenzia un consistente rafforzamento delle organizzazioni criminali legate al traffico di cocaina. La pervasività dei clan ha ormai invaso tutto il territorio peruviano. Il Perù se abbandonato a se stesso non potrà mai vincere questa difficilissima battaglia.Quali sono le organizzazioni criminali che hanno in mano il Perù?
Un ruolo importante lo rivestono sicuramente i narcos colombiani e messicani. Sono presenti anche clan di matrice ecuadoriana e venezuelana, come ad esempio il “Tren de Aragua”. Tutti questi gruppi agiscono in simbiosi con la criminalità locale. Questa rete criminale è talmente forte economicamente e militarmente che finora il Governo non è stato capace di frenare la potenza di queste organizzazioni criminali. Questo stato di cose ha portato la presidente Dina Boluarte a dichiararsi favorevole alla reintroduzione della pena di morte. Misura quest’ultima che, anche se adottata, non risolverebbe affatto i problemi che attanagliano il Paese.Come mai, secondo lei, le autorità competenti non sono in grado di far fronte a questo stato di insicurezza in cui è piombato il Paese?
Uno dei motivi è sicuramente il livello altissimo di corruzione in cui vive il Perù. La gran parte dei parlamentari sono considerati responsabili della crescita della criminalità organizzata. Più della metà dei deputati è sotto accusa per diversi reati riguardanti la pubblica amministrazione. Sono state approvate leggi che hanno agevolato l’attività criminale del narcotraffico e protetto gli autori di reato. Tanto per citare un esempio, la riscrittura del delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso ha limitato notevolmente la sua applicabilità ai narcos. Questa riforma ha sicuramente agevolato l’impunità di questa tipologia di criminali.Questi gruppi criminali di cui ci ha parlato operano anche in Italia?
Assolutamente sì. In Italia da anni esistono gruppi criminali di matrice peruviana denominati “Commandos”, presenti soprattutto in Lombardia. Ci sono state varie operazioni di polizia tra Pavia e Milano che hanno portato a scoprire un grosso traffico di sostanze stupefacenti gestito da un gruppo italo peruviano. Molti criminali dediti al narcotraffico sono arrivati nel nostro Paese sia per sfuggire alle repressioni delle forze dell’ordine peruviane, sia per creare un ponte tra il Perù e l’Italia nel mercato del narcotraffico internazionale.Che tipo legami hanno con la criminalità organizzata italiana?
Negli ultimi anni sono passate da un rapporto di subordinazione a uno di collaborazione in special modo con la ndrangheta, le mafie albanesi, nigeriane, cinesi e russe presenti in Italia. Non è, infatti, un caso che proprio in Perù sia stato catturato Franco Pompili, ricercato in Italia per traffico di stupefacenti e latitante da anni. Il criminale italiano viveva in Perù da oltre dieci anni e aveva intessuto collegamenti tra i narcos peruviani e il clan Fasciani di Ostia, organizzando spedizioni di cocaina sia in Italia sia in Europa.La sfiducia dei peruviani nei confronti delle autorità è totale e le elezioni, previste per il 12 aprile 2026, non offrono motivi di speranza. Secondo lei cosa si potrebbe fare per fronteggiare una simile situazione critica?Per quanto mi riguarda, circa un anno fa ho dato il mio contributo all’elaborazione di un piano strategico di contrasto ai narcos in Ecuador. Ritengo che questa tipologia di criminalità organizzata, come quella ecuadoregna, non possa essere combattuta solo da polizia e magistratura, occorrono nuove politiche criminali e soprattutto sociali. Sono indispensabili moderne strategie di lotta che coinvolgano a livello internazionale i diritti umani e le libertà civili. Le politiche sociali ed economiche devono essere finalizzate a convincere, con i fatti, proprio quelle popolazioni che vivono dei benefici concessi dai narcos. Non semplici misure anti-povertà o sussidi economici, ma lavoro (alternativo a quello nelle piantagioni di coca) e diritti sociali. In molti “narco-Stati” l’illegalità è spesso considerata legale e quest’aspetto non può essere sottovalutato. Sono stato contattato anche da alcuni membri del Governo peruviano (Perù Libero, PCP) per redigere un piano strategico che possa essere utile assieme alle tante misure necessarie per ristabilire l’odine pubblico e la sicurezza in una nazione ormai sotto l’assalto della criminalità legata al traffico internazionale di stupefacenti. Sono convinto che occorra realmente fare squadra a livello internazionale e riuscire condividere le strategie comuni capaci di consentire una reazione a questo tipo di criminalità particolarmente difficile da estirpare. Bisogna coinvolgere tutti i Paesi direttamente interessati e soprattutto la Comunità internazionale.
Il nuovo Papa, Leone XIV (Robert Francis Prevost), ha avuto una lunga esperienza in Perù, dove ha servito come missionario dal 1985. Pensa che il Santo Padre possa dare un contributo nella risoluzione dei problemi che attanagliano il Paese latinoamericano?
La sua esperienza diretta in Perù credo gli fornisca quella conoscenza necessaria nelle sfide e nelle opportunità che la Chiesa cattolica dovrà affrontare in un Paese così dilaniato anche dal crimine organizzato. È ovvio che il Papa, avendo principalmente un ruolo spirituale, non possa sostituire il governo e le autorità preposte nel combattere la criminalità organizzata. Può però svolgere un ruolo importante nel supportare i tentativi delle autorità istituzionali, nel sensibilizzare l'opinione pubblica e nel promuovere quella giustizia sociale tanto necessaria in quei territori. Il nuovo Pontefice può, ad esempio, condannare pubblicamente queste organizzazioni e le loro attività criminali e incoraggiare la Chiesa a essere un agente di stimolo e cambiamento nella società civile peruviana. Credo che il nuovo Papa lo farà, e aggiungo che qualora volesse il mio modesto apporto sarei prontissimo a rendermi disponibile, come ho già fatto in precedenza, per quei territori.Vincenzo Musacchio, criminologo, docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro ordinario dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.
Rai News 24