La strage di Natale, rispunta la camorra nel Rapido 904: indagini sul capo clan

Firenze, 23 dicembre 2025 – Terrorismo nero, servizi deviati, mafia. E camorra. Un mix micidiale quanto il tritolo: quarantuno anni dopo l’attentato al rapido 904, 16 morti e 267 feriti per l’esplosione di un ordigno ad alto potenziale collocato a bordo del treno partito da Napoli e diretto a Milano, si scopre che la procura di Firenze nel 2023 ha iscritto sul registro degli indagati il boss Raffaele Stolder.
Una camorra che non c’è più, quella di Stolder: classe 1958, è stato il capo dell’omonimo clan, ormai estinto, vicino ai Giuliano di Forcella: la sorella Amalia Stolder sposò Carmine, ‘o lione, l’amico di Maradona. Sul possibile coinvolgimento dell’organizzazione campana nella bomba che esplose alle 19.08 del 23 dicembre del 1984, mentre il treno con oltre 600 passeggeri a bordo si trovava nella galleria tra Vernio e San Benedetto Val di Sambro, nel cuore dell’appennino toscoemiliano, si era già indagato in passato. Giuseppe Misso, boss del rione Sanità, era stato infatti assolto dopo una condanna in primo grado all’ergastolo. Stesso destino per l’ex parlamentare missino Massimo Abbatangelo.
Per la giustizia italiana, gli unici condannati per l’attentato sono Pippo Calò, il cassiere della mafia, e Federico Schaudinn, trafficante di armi ed esperto di esplosivi.
Ma proprio a Firenze, nel 2017, si interruppe anche il nuovo filone che vedeva accusato quale mandante della strage del rapido 904 il boss di Cosa nostra Totò Riina: il “capo dei capi” morì mentre la corte d’appello di Firenze aveva riaperto l’istruttoria.
Nel 2012, un pentito, Maurizio Ferraiuolo, nipote di Stolder, raccontò ai magistrati di aver saputo che lo zio, attorno al 2007, aveva ricevuto la proposta di un patto da parte dei Servizi per tenere sotto controllo il territorio di sua competenza senza spargimenti di sangue. La stessa proposta l’avrebbe ricevuta anche Misso. Esistevano davvero questi rapporti? E se sì, da quando?
Quali siano gli elementi acquisiti in questi anni dalla procura di Firenze, resta al momento segreto. Così quale sarà il destino di questo fascicolo, dopo l’arrivo di Rosa Volpe alla guida dell’ufficio. Il suo predecessore, Filippo Spiezia, dodici mesi fa dichiarò che nell’indagine sulla strage di Natale, riaperta nel 2022, erano confluiti “atti dei Servizi declassificati presso l’archivio storico di Roma e anche atti presso varie autorità giudiziarie”.
Il rapido 904 era partito da Napoli carico di persone in viaggio per le feste di fine anno e aveva fatto sosta a Roma, per proseguire alla volta di Firenze. Secondo gli inquirenti fu alla stazione di Santa Maria Novella che in due borse venne collocato sul vagone l’ordigno, una miscela di pentrite, tritolo, t4. Rivendicarono l’attentato ben 23 organizzazioni di estrema destra, estrema sinistra e gruppi stranieri. Gli inquirenti però non diedero eccessivo credito ad una matrice esclusivamente politica, ritenendo più attendibile una “feroce risposta” alle rivelazioni di Tommaso Buscetta che proprio in quei giorni avevano “messo in ginocchio la mafia”.
Non solo. In concomitanza con l’evolversi del processo, in un garage di via Toscanini a Firenze una bomba, composta dai soliti esplosivi della strage di Natale, rischiò di far venir giù due condomini: l’esplosivo era nei garage sotterranei. Era l’alba del 5 novembre 1987. Due giorni prima, il giudice istruttore Emilio Gironi aveva chiuso l’inchiesta sull’attentato al 904, e rinviato a giudizio per banda armata, strage e attentato con finalità di terrorismo sette persone tra cui Calò e Misso.
La Nazione




