«Il sindaco Minervini può reiterare il reato»: le motivazioni del Riesame sul caso Molfetta

Il sindaco di Molfetta Tommaso Minervini e alcuni dirigenti comunali avrebbero agito «nel perseguimento di interessi personali». Lo scrivono i giudici del Tribunale del Riesame di Bari nelle motivazioni del provvedimento con il quale nelle scorse settimane hanno disposto il divieto di avvicinamento di Minervini agli uffici comunali (attenuando la misura cautelare degli arresti domiciliari alla quale il sindaco è stato sottoposto per venti giorni), spiegando che «la non occasionalità della condotta, unita alla attualità della carica ricoperta e dalla sussistenza di procedure di gara ancora in corso, induce a ritenere attuale» il pericolo di reiterazione dei reati.
Il Riesame ha comunque ridimensionato le accuse mosse a Minervini, annullando i gravi indizi su tre delle imputazioni contestate al sindaco dalla Procura di Trani: una corruzione (i voti che Minervini avrebbe avuto in cambio di un appalto in project financing per una banchina del nuovo porto commerciale dall’imprenditore portuale Vito Totorizzo), una turbativa (quella sulla gara per Porta Futuro, su cui il sindaco e la dirigente Lidia De Leonardis, anche lei interdetta, parlavano scambiandosi pizzini) e il depistaggio. Restano in piedi le accuse di falso (in relazione al finanziamento dei lavori per l’area mercatale), peculato (per l’autorizzazione alla bonifica degli uffici dalle microspie) e una turbativa per altre opere portuali che Minervini - sempre secondo l’accusa - avrebbe voluto far realizzare da Totorizzo.
L’indagine della Finanza ipotizza che Minervini abbia promesso appalti per ricavarne vantaggi in termini elettorali, e in particolare i voti necessari a vincere il ballottaggio del 2022...
LEGGI IL RESTO DELL'ARTICOLO SULLA NOSTRA DIGITAL EDITION E SUL CARTACEOLa Gazzetta del Mezzogiorno