Addio Lea Massari, l’antidiva più amata

26 giu 2025

La grande attrice, ritiratasi da tempo dalle scene, è scomparsa a 91 anni. Una importante carriera d’autore, una vita nel segno della libertà
Strategia della scomparsa. "Ecco, a trent’anni so che non ho più paura di morire. Io, vedi, ho sempre pensato di morire presto e, se morissi ora, mi dispiacerebbe, evidente. Però morirei con un certo distacco, morirei dicendo boh!, almeno ho saputo quel che significa vivere senza dolore, senza infelicità". La morte di Lea Massari, avvenuta lunedì 23 giugno a Roma, dove era nata il 30 giugno del ’33, quindi giusto una settimana prima del 92° compleanno, non è che un tassello – e forse neanche l’ultimo – di un’intera esistenza passata nella volontà di sottrarsi, fuggire dalla luce dei riflettori. In realtà Lea Massari si dissolve fin da uno suoi primi film, L’avventura di Antonioni (1960), quando approda, col nome di Anna, sull’isolotto deserto di Lisca Bianca, durante la gita alle Eolie con Sandro-Gabriele Ferzetti e Monica Vitti-Claudia. Anna scompare, e la sua assenza diventa nel corso del film – perché c’è chi se ne preoccupa troppo, perché c’è chi non se ne preoccupa affatto, perché si capisce solo alla fine a cosa sia dovuta – il centro del racconto.
Lea Massari dalla fine degli anni ’50 alla fine degli anni ’70 ha illuminato col suo volto dalla straordinaria, unica bellezza e con la sua straordinaria, unica forza di interprete il cinema, la tv e il teatro italiano – e il cinema (spagnolo e) francese. Per amarla basta(va) vederla: nei film, Una vita difficile, con Sordi, di Dino Risi (’61), I sogni muoiono all’alba (’61), Soffio al cuore di Louis Malle (1971), La prima notte di quiete di Zurlini (’72), Allonsanfàn dei Taviani (’74), Cristo si è fermato a Eboli di Rosi (’79). In tv, negli sceneggiati come Karamazov e Karenina di Bolchi (’69, ’74). A teatro: dal Rugantino (’62) al Cerchio di gesso del Caucaso di Brecht per la regia di Squarzina (1974). Per amarla, bastava vederla. Per conoscerla no: ed è qui che si concretizza la Massari stratega della scomparsa: ci sono ma non ci sono, ci sono stata e mi ritiro per sempre, come si è ritirata dalle scene nel ’90, a 57 anni, per dedicarsi a sé stessa, al marito Carlo Bianchini (da cui divorziò nel 2004), ai suoi cani, alla difesa degli animali – lei ex cacciatrice – e alla lotta contro la vivisezione.
A riuscire a raccontare la Lea trentenne antidiva in fuga ostinata da tutto ciò che è mancanza di autenticità fu Oriana Fallaci, di cui Massari era amica, e alla quale – nel 1964 – rilasciò l’intervista in cui specifica fin dalla prima risposta: "Macché Massari e non Massari! Macché attrice e non attrice! Io mi chiamo Annamaria Massatani, coniugata Bianchini e sul mio passaporto c’è scritto Annamaria Massatani professione casalinga, e c’è scritto casalinga perché io mi vergogno a fare l’attrice di cinema, perché nel cinema io ci sono per caso, per sbaglio, e ogni tanto. Io lavoro per eliminazione – continuava –. Io mi sono giocati tutti i produttori italiani. E perché? Perché ho la nomea di donna impossibile, intrattabile, rompiscatole".
Da quella intervista si capiscono tante cose di Massari: la sua cultura e la sua sofferenza e l’aver sconfitto il dolore grazie a Bianchini – perché prima di quell’incontro "io sono stata una persona innamorata di due sole cose: della rissa e dell’amore". L’orgoglio di preferirsi sincera, coerente anche se noiosa ("perché la gente infelice tutto sommato è noiosa"), l’orgoglio della noncuranza – facile, però – dell’aspetto: "sono una cosa a cui basta un nulla per diventare orrenda; più mi addobbo più divento brutta". Ma le parole di Lea a Oriana che dovrebbero essere tramandate alle generazioni a venire non sono tanto i suoi consigli sulle traiettorie dei pugni da tirare ai molestatori, quanto le ragioni che sottendono la strategia della sua fuga perenne: "L’etica cinematografica? È quella cosa per cui una persona intelligente finge di essere allocca, cretina, finché non lo diventa davvero e solo allora iniziano a proporle bellissimi ruoli e paghe enormi". Meglio la libertà.
Chiara Di Clemente
Quotidiano Nazionale