<p>Calciopoli, 20 anni dopo: Vieira e Capello rivendicano i titoli Juve. E on line c’è una petizione</p>

Tra pochissimo saranno vent’anni. Come dire che parliamo di un periodo in cui non c’erano ancora gli smartphone. Ma su Calciopoli ci si infervora come fosse ancora il 2006 e questo perché la poderosa portata dell’evento, ma anche perché la giustizia sportiva non è riuscita a sigillare quei fatti con un coperchio credibile e universalmente condivisibile. Troppe crepe in quelle sentenze, troppe contraddizioni, troppe questioni irrisolte dalla relazione Palazzi, documento di rara durezza con accuse tanto pesanti quanto prescritte nei confronti della squadra, l’Inter, che da quella vicenda ne uscì con uno scudetto in più. Uno scudetto che, oggi, vent’anni dopo, Patrick Vieira e Fabio Capello rivendicano pubblicamente, senza polemiche né baccano, ma con la calma e la fermezza di chi sa di aver ragione. "Quegli scudetti li abbiamo vinti sul campo e li sentiamo nostri". E non solo sul campo, li hanno vinti, ma tecnicamente anche nei tribunali, perché la l’arcinota sentenza del Tribunale di Napoli, recentemente ribadita dalla Cassazione, ha messo nero su bianco che non c’era "la prova del procurato effetto del risultato finale del campionato 2004/2005 (l’unico oggetto di indagine, ndr)".E il fatto che non è stato condannato nessun arbitro (tranne De Santis per una partita che non riguardava la Juventus, né l’assegnazione dello scudetto) è indicativo: se tutto il sistema agiva per condizionare i risultati attraverso gli arbitraggi e nessuno arbitro è colpevole... beh, questo sistema era quantomeno poco efficace. E se la colpevolezza di Luciano Moggi è quella di averci provato, senza esserci riuscito, abbiamo certamente un problema etico, ma perché Capello e Vieira non devono sentire loro quegli scudetti e perché non li devono sentire loro i tifosi?
E, soprattutto, perché uno di quei due scudetti è stato assegnato a una squadra che aveva commesso violazioni della medesima gravità, come ha attestato nero su bianco lo stesso procuratore federale che aveva chiesto le condanne per la Juve? Perché, poi, la crepa più larga, quella da cui esce la gran parte dell’irresolutezza di Calciopoli è proprio lo scudetto del 2006 assegnato all’Inter, che quell’anno era arrivata terza a 15 punti di distacco. C’è chi cerca ostinatamente di stuccare quella crepa, sventolando le sentenze senza averle lette e c’è chi altrettanto ostinatamente non dimentica l’altra verità. E mentre Capello e Vieira orgogliosamente esibiscono gli scudetti revocati, ci sono oltre 15mila tifosi che, in tre giorni, hanno firmato la petizione di Jdentità Bianconera su Change.Org che chiede di togliere quello scudetto all’Inter. Poco probabile che accada, ma, vent’anni dopo, Calciopoli vive e divide ancora il calcio italiano, perché non c’è pace senza giustizia. E non serve a nulla bollare certe rivendicazioni come folklore, facendo finta di niente, ironizzando, aggrappandosi ai lembi di una versione dei fatti che non riesce a nascondere gli squarci. C’è un altro lato della storia e la verità si puà prescivere, ma non cancellare.
Tuttosport