Frenata del carburante aereo, voli meno cari o frequenti? Come potrebbero cambiare i viaggi

La domanda di carburante aereo sta rallentando a livello globale. Una frenata che potrebbe sembrare una buona notizia per i viaggiatori italiani, perché suggerisce minori costi per le compagnie aeree e quindi – almeno in teoria – biglietti meno cari.
Ma la realtà, come spesso accade, è ben più sfaccettata. E quella che potrebbe diventare una conclusione logica in realtà è un interrogativo. Una domanda da porsi, cioè: assisteremo a un calo dei prezzi o a una riduzione dell’offerta? In altre parole, viaggeremo di più spendendo meno, o voleremo meno perché le tratte diminuiranno?
Cosa sta succedendo al mercato del carburante aereoSecondo l’ultima analisi condotta da Reuters, la domanda globale di jet fuel è destinata a rimanere sotto i livelli pre-pandemia almeno fino al 2026, a causa di tre fattori principali: il calo dei viaggiatori cinesi all’estero, le politiche restrittive sull’immigrazione negli Stati Uniti e l’efficienza crescente dei nuovi aerei.
In particolare, la Cina – seconda economia del pianeta – continua a puntare sul turismo interno, dopo un periodo prolungato di chiusure e timori legati alla pandemia. I viaggi internazionali dei cittadini cinesi, che rappresentavano una quota importante della domanda di voli long-haul (a lungo raggio), sono ancora ben lontani dai numeri del 2019. Le compagnie aeree internazionali stanno dunque riducendo l’offerta verso il mercato cinese, con ripercussioni dirette anche sull’equilibrio complessivo della domanda di carburante aereo.
Nel frattempo, negli Stati Uniti, le politiche migratorie sempre più stringenti volute dall’amministrazione Trump scoraggiano i turisti stranieri, soprattutto quelli europei. Secondo BMI, società del gruppo Fitch, nel 2025 si prevede un calo del 16,3% degli arrivi internazionali negli USA. E i dati Cirium evidenziano già un -1,2% dei passeggeri britannici diretti oltreoceano rispetto al 2024.
Il paradosso dei carburanti: meno voli, ma più efficienzaAl rallentamento della domanda si aggiunge un altro fattore strutturale, ovvero l’innovazione tecnologica nei velivoli. I nuovi modelli di aerei sono infatti molto più efficienti dal punto di vista energetico. L’A320neo di Airbus, introdotto negli anni 2010, ha ridotto del 15% il consumo di carburante rispetto alla generazione precedente. Boeing non è da meno, con il 737 Max che offre un risparmio analogo. E per il futuro, Airbus promette un aereo ancora più performante, in grado di tagliare i consumi del 20-30% rispetto alla linea attuale, anche se l’entrata in servizio è prevista tra 10-15 anni.
Questo significa che anche se i voli non diminuiscono drasticamente, la quantità di carburante utilizzato per trasportare lo stesso numero di passeggeri cala sensibilmente. Di conseguenza, la domanda di jet fuel si raffredda, influenzando l’intero comparto petrolifero. Non a caso, il carburante per aerei pesa per circa il 7% sulla domanda globale di petrolio, e una sua contrazione può contribuire ad allentare la pressione sui prezzi del greggio.
Prezzi dei voli davvero in calo?Per i consumatori italiani, la speranza è che un minor costo del carburante si traduca in tariffe aeree più basse. Tuttavia, questa equazione non è affatto automatica. Infatti, mentre l’efficienza dei mezzi e il calo della domanda potrebbero ridurre i costi operativi delle compagnie, altri fattori potrebbero controbilanciare questo effetto.
In primis, è probabile che di fronte a un calo dei profitti (per l’abbassamento dei prezzi) le compagnie optino per la riduzione delle tratte. Se alcune destinazioni, specialmente long-haul, diventano meno redditizie per le compagnie (soprattutto in assenza dei turisti cinesi o statunitensi), potrebbero essere cancellate o operate con minore frequenza. Il risultato? Meno concorrenza e, quindi, prezzi stabili o persino in aumento su alcune rotte.
Secondariamente, le compagnie aeree si trovano ad affrontare un contesto macroeconomico incerto, tra inflazione dei servizi, aumento del costo del personale e investimenti richiesti per la transizione ecologica (incluso l’utilizzo di carburanti sostenibili come il SAF – Sustainable Aviation Fuel – ben più costosi del jet fuel tradizionale). È quindi probabile che cerchino di mantenere i margini, evitando di trasferire ai passeggeri eventuali risparmi sui carburanti.
Cosa cambia per chi viaggia dall’Italia?Per i viaggiatori italiani, l’impatto di questo scenario sarà diverso a seconda della destinazione e della tipologia di volo. Ecco alcune implicazioni chiave:
Le tratte verso gli Stati Uniti e l’Asia potrebbero essere ridotte, oppure operate con meno frequenza. È plausibile che l’offerta venga ridimensionata, con impatti sui prezzi e sulla disponibilità, specialmente in alta stagione.
Considerando invece i voli intra-europei, l’Europa continua a registrare una domanda sostenuta, anche se i dati IATA mostrano una stagnazione nei voli domestici in alcuni Paesi. Tuttavia, i prezzi potrebbero restare elevati a causa della ridotta concorrenza in alcuni mercati.
Si aprono invece opportunità per mete meno tradizionali ma più economiche dal punto di vista operativo. Compagnie aeree low-cost potrebbero rafforzare l’offerta su rotte verso Nord Africa, Balcani e Turchia, dove i costi sono inferiori e la domanda cresce.
In definitiva, voleremo ancora – ma probabilmente in modo diverso. Meno voli a lunga distanza, più rotte regionali, aerei più efficienti e scelte di viaggio più consapevoli. La “nuova normalità” del trasporto aereo è già qui: silenziosa, meno inquinante… e forse un po’ meno accessibile.
QuiFinanza