"Les Arènes": uno sguardo dietro le quinte del mondo del calcio

In "Les Experts Cinéma" di questa settimana, Thierry Fiorile e Matteu Maestracci discutono di "Les Arènes" di Camille Perton e "L'effacement" di Karim Moussaoui.
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In Les Arènes andiamo dietro le quinte del mondo del calcio, in particolare tra gli agenti dei giocatori. La pepita, o la preda come preferite, di questo ambiente duro, crudele, ma anche molto maschile, è il giovane Brahim, interpretato da Iliès Kadri, giovane e talentuoso calciatore, ancora in formazione al Lione.
Ancora minorenne ma già molto promettente nel ruolo di centravanti, promesse che suscitano bramosia che il cugino e agente ha allenato sul campo, Mehdi (Sofiane Khammes) cerca sia di alimentare che di calmare. Vuole che il suo piccolo protetto resti concentrato su ciò che sa fare e che sa fare bene: giocare a calcio. Ma lui è lento a farle ottenere un trasferimento, e il misterioso Francis, un agente influente e senza scrupoli, si nasconde nelle vicinanze.
Come nel film Mercato di Tristan Séguéla di qualche settimana fa, ciò che interessa a Camille Perton non è tanto lo sport in sé – ci sono poche immagini di calcio o di tifosi in cui immergersi – quanto questo mondo di intermediari e negoziatori. Maneggiano somme di denaro vertiginose su barche della Riviera, in alberghi e ristoranti di lusso, dove la seduzione e la parlantina sono spesso armi decisive.
Sebbene Les Arènes possa presentare un tocco di insipidezza e banalità, che tende a neutralizzarne la posta in gioco e l'emozione, il film è piuttosto sobrio e ben recitato, con suspense. Camille Perton osa utilizzare un tema e un'estetica queer nella persona del formidabile agente Francis, alias Edgar Ramirez, mai troppo lontano dal grottesco, ma che nonostante ciò funziona bene.
Otto anni dopo il film Aspettando le rondini – che già parlava del soffocamento della società algerina, ma con un pizzico di speranza nella sua intimità –, La cancellatura parla chiaramente dello schiacciamento di una gioventù, messo in atto dal regime dopo l’ Hirak , un movimento spontaneo che ha scosso il potere nel 2019. Se il film nega di essere portatore di un messaggio politico, è comunque politico. Reda, il giovane figlio di un notabile (il padre è un alto dirigente nel settore petrolifero e del gas), non dice mai quello che pensa o a cosa aspira: è il suo patriarca a farlo per lui. Quando suo fratello maggiore, in rivolta, fugge dalla famiglia e dal paese e suo padre, braccato dai nemici, muore improvvisamente, Reda si ritrova abbandonato a se stesso. La violenza sarà il suo unico mezzo di espressione.
Karim Moussaoui usa la fantasia per illustrare il percorso del suo personaggio. Formalmente, il film conferma il talento di questo regista che non ha potuto girare in Algeria. A priori non per ragioni politiche, ma si ha la sensazione che cammini sulle uova, nell'attuale contesto di irrigidimento del regime e di forti tensioni tra Parigi e Algeri.
Francetvinfo